I musicisti neobarocchi si possono dividere grossomodo in due categorie: quelli che pescano a piene mani nel barocco musicale rivisitando Bach o Vivaldi e quelli che, pur dedicandosi a un genere completamente diverso, sfruttano a piene mani altri aspetti del barocco (spettacolarità, estetica, immagine).
Per questo possiamo considerare neobarocchi artisti diversissimi, come Madonna e i Rondo’ Veneziano, Steve Vai e Michael Jackson. Gli appartenenti alla seconda categoria sono generalmente più famosi, perché fanno rivivere il barocco meno complessoe più spettacolare, che si sposa benissimo con la musica commerciale. Gli artisti della prima categoria concentrano la spettacolarità nel virtuosismo tecnico: la loro musica risulta inevitabilmente più difficile e non riesce a catturare grandi masse di pubblico.
Dal raduno di Woodstock in poi, il rock e il pop hanno sempre inseguito il mega evento da centinaia di migliaia di persone. Negli anni ’80 nascono i maxiconcerti per cause benefiche, come il Live Aid voluto da Bob Geldof che portò a esibirsi sullo stesso palco gli artisti più famosi del decennio.
La tendenza al gigantismo, allo spettacolo totale (musica, luci, coreografie) si ritrova nelle performances dal vivo di artisti come Madonna, Prince o Michael Jackson: per realizzare un loro concerto smuovono un esercito di macchinisti, ballerini e tecnici vari. Il pubblico reagisce ai con la stessa meraviglia e l’identico stupore che le folle del Seicento dedicavano alle sacre rappresentazioni della Controriforma, corredate dagli immaginifici apparati scenografici del Bernini.
Il paragone religioso è calzante se si pensa che spesso queste star si palesano sul palcoscenico come divinità incarnate: apparendo improvvisamente dietro una cortina di fumo o un fascio di luci, emergendo dal sottosuolo grazie a pedane mobili o facendosi calare dall’alto. Vent’anni dopo, Madonna continua a presentarsi così ai suoi fan. Se il trucco funziona ancora, non siamo usciti dal barocco.