Caravaggio a Napoli
Caravaggio attendeva nei feudi del principe Colonna che le acque si calmassero, ma il verdetto del processo condotto in sua assenza fu pesantissimo: fu condannato in contumacia alla pena di morte per decapitazione e la sentenza poteva essere eseguita da chiunque, dato che pendeva sulla sua testa una taglia in tutti i territori controllati dal papa.
Le sette opere misericordia, Napoli anno 1607 Pio Monte della Misericordia
Rimanere così vicino a Roma era diventato troppo pericoloso e Caravaggio decise di spostarsi a Napoli, dove trovò protezione presso alcuni parenti del principe, i Carafa-Colonna. Trovò alloggio nei Quartieri Spagnoli e come aveva fatto anche a Roma, riempì le sue tele delle scene appassionanti e spesso desolate che vedevano protagonista la disperata umanità dei bassifondi napoletani.
All'inizio del XVII secolo Napoli era una delle città più grandi, popolose e al tempo stesso degradate d'Europa, con il più alto tasso di prostituzione, abbandono e mortalità minorile del mondo occidentale, complice anche la presenza di un attivissimo porto commerciale che favoriva la circolazione di merci e persone di ogni risma.
Nella città partenopea, dove il papa non aveva giurisdizione, passò un periodo sereno e artisticamente proficuo, ricevendo molte importanti commissioni, prime fra tutte le Sette opere di misericordia commissionato per la chiesa del Pio Monte della Misericordia, e la Madonna del Rosario, dipinta su richiesta di un ignoto committente per un altare dedicato alla devozione mariana ma rifiutata dal vescovo e messa in vendita.
Oltre a queste opere di grandi dimensioni, tra il 1606 e il 1607 Caravaggio dipinge a Napoli anche quadri “da cavalletto” come Davide con la testa di Golia, l’Incoronazione di spine, e una Salomé con la testa del Battista (andata distrutta ed oggi visibile solo in copia): con queste opere conquista una schiera di ammiratori e seguaci che lo salutano come innovatore della pittura e assorbono le sue influenze nello stile napoletano.
Il mistero della Madonna del Rosario di Caravaggio
A tutt'oggi è ignota l'identità del committente di quest'opera: un ricco mercante siciliano mecenate di altre opere di Caravaggio a Napoli, un messo dei Domenicani, un membro della famiglia Carafa sono le ipotesi più probabili. A supporto dell'ultima tesi, cioè quella che il quadro fosse destinato alla cappella della famiglia che a Napoli proteggeva Caravaggio, vi è la presenza nel quadro Marcantonio Colonna, un illustre antenato della famiglia, collocato in asse con una colonna che fa da sfondo alla scena.
Non è noto neppure il motivo per il quale l'opera, concordata nei dettagli con la curia, non fu mai esposta in un luogo sacro e subito messa in vendita: sicuramente la trattazione del soggetto è molto “anticonvenzionale” poiché i devoti della Madonna sono rappresentati non in un composto atteggiamento di preghiera ma sudici e logori, con i piedi scalzi e sporchi in primissimo piano, mentre si contorcono in implorazioni che sembrano chiedere più pane che intercessione celeste.
Alcuni critici sostengono inoltre che nel quadro Caravaggio abbia nascosto riferimenti ad uno scandalo che proprio in quegli anni travolse il convento di San Domenico Maggiore, la cosidetta rivolta dei frati. L'opera fu quindi rifiutata per evitare ogni possibile interpretazione scomoda ? Tuttavia, una volta messa in vendita la Madonna del Rosario non fu acquistata neppure dai Carafa-Colonna: sarà lo stesso Rubens, dopo anni, a riconoscere la mano del pittore che tanto ammirava e ad evitarne l'oblio acquistandola assieme ad un gruppo di pittori illuminati.
Madonna del rosario anno 1607, Vienna, Kunsthistorisches Museum
Caravaggio a Malta
Nel 1607 Caravaggio parte per Malta: i Colonna erano in ottimi rapporti con il Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, Alof de Wignacourt, e inviarono da lui Michelangelo con la speranza che potesse essere investito del titolo di cavaliere e guadagnare così l'immunità.
Per ingraziarsi il Gran Maestro, il pittore gli fece dono di un ritratto.
Era il Caravaggio desideroso di ricevere la Croce di Malta solita darsi per gratia ad huomini riguardevoli per merito, e per virtù, fece però risoluzione di trasferirsi in quell’Isola, dove giunto fu introdotto avanti il Gran Maestro Vignacourt Signore Francese. Lo ritrasse in piedi armato e a sedere nell’habito di Gran Maestro, conservandosi il primo ritratto nell’armeria di Malta. Laonde questo Signore gli donò in premio la Croce... E per la Chiesa di San Giovanni gli fece dipingere la decollazione del Santo caduto à terra...(Bellori)
L'artista era riuscito nel suo intento e dopo un anno di noviziato, fu investito del titolo di Cavaliere di Grazia, inferiore solo a quello di Cavaliere di Giustizia destinato ai nobili, il 14 luglio 1608.
Alof Wignacourt anno 1608, Parigi, Musée du Louvre
Si che, oltre l’honere della Croce, il Gran maestro gli pose al collo una ricca collana d’oro, e gli fece dono di due schiavi, con altre dimostrazioni della stima, e compiacimento dell’operar suo... (Bellori)Inizia per Caravaggio a Malta un periodo di serenità e sicurezza economica, artisticamente molto produttivo.
Il Caravaggio riputa vasi felicissimo con l’honore della Croce, e nelle lodi della pittura, vivendo in Malta con decoro della sua persona , e abbondante di ogni bene (Bellori)
Ma questa parentesi idilliaca della vita di Caravaggio si concluse presto: infatti nel 1608 fu arrestato e incarcerato nella prigione di sant'Angelo alla Valletta per motivi ancora non ben chiariti. Alcuni sostengono che avesse mancato di rispetto ad un Cavaliere di Giustizia, quindi di rango più elevato del suo; altri suppongono che fosse giunta al Gran maestro la notizia che Michelangelo era un assassino e che pendeva una taglia sulla sua testa, situazione inaccettabile per un membro di un ordine venerabile come quello dei Cavalieri di San Giovanni.
Il 6 ottobre Caravaggio riuscì incredibilmente ad evadere, forse con l'aiuto del cavaliere Antonio Martelli (a cui era molto legato e fece anche un ritratto) e fuggì dall'isola; due mesi dopo fu espulso dall'ordine con onta e disonore e la bolla di espulsione fu letta in contumacia, davanti alla grande tela della decollazione del Battista, che ancora può essere ammirata nella cattedrale de La Valletta.
Svanivano così per il pittore e i suoi mecenati le speranze di poter conquistare l'immunità grazie ad un titolo.
Caravaggio in Sicilia
Da Malta Caravaggio fuggì in Sicilia e fu ospitato a Siracusa da Mario Minniti, che a Roma era stato suo modello, garzone e coinquilino. Lì il pittore ebbe modo di visitare e conoscere tutti i reperti archeologici dell'antichità greca e coniò l'espressione “orecchio di Dionigi” con cui è ancora oggi nota la grotta delle Latomie.
Ricevette molte commissioni in varie città dell'isola: a Siracusa dipinse il Seppellimento di Santa Lucia per la chiesa omonima, a Messina l'Adorazione dei Pastori e la Resurrezione di Lazzaro su richiesta dei padri Crociferi, a Palermo la Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi per l'Oratorio della Compagnia di san Lorenzo, da dove la tela fu trafugata nel 1969 e mai più ritrovata.
Resurrezione di Lazzaro anno 1609, Messina, Museo Regionale
Il ritorno a Napoli
Nell'ottobre 1609 Caravaggio torna a Napoli, forse per guai con la giustizia siciliana ma soprattutto con la speranza di riuscire a riavvicinarsi a Roma, dove intanto i suoi amici stavano cercando in ogni modo di ottenere per lui la grazia del Papa.
Nella città partenopea fu ospitato dalla Marchesa Costanza Colonna-Carafa, nella sua splendida residenza a Chiaia, Palazzo Cellammare: la marchesa, di 16 anni più grande del pittore, lo aveva conosciuto bambino a Caravaggio, dove aveva risieduto per un periodo, e da allora non l'aveva più abbandonato, continuando a seguirlo a Roma e poi a Napoli e intercedendo presso i suoi parenti per continuare a proteggere il pittore e fare il possibile per limitare i danni delle sue intemperanze.
Già secondo i contemporanei Costanza era caduta preda di una insana passione per Michelangelo, che l'aveva portata ad affrontare qualsiasi tipo di imbarazzo e situazione sconveniente per la sua posizione ed il suo rango pur di salvarlo da una fine terribile.
Dalle ariose e sicure stanze di palazzo Cellammare, Caravaggio continuò a lavorare: dipinse le tre magnifiche tele per la chiesa di sant'Anna dei Lombardi, andate distrutte nel terremoto del 1805 e altri quadri che porterà con sé nel viaggio di ritorno a Roma.
Dipinse anche una Salomè con la testa del Battista che inviò al Gran Maestro a Malta per chiedere perdono: qualche tempo dopo fu aggredito da un gruppo di uomini armati sulla porta della locanda del Cerriglio e sfigurato orribilmente; pare che dietro questa aggressione ci fosse proprio il Gran Maestro dei cavalieri maltesi che, lungi dal perdonarlo, aveva interpretato l'invio del dipinto come un tentativo di corruzione e un gesto impertinente.
Salome con testa del Battista anno 1610, Londra, National Gallery
La speranza di rientrare a Roma e la morte
Nel frattempo a Roma, il Cardinale Gonzaga insieme a Scipione Borgehse, nipote del papa, e alla stessa Costanza, stavano cercando di ottenere la grazia da Paolo V, mentre gli amici pittori tentavano di prendere il controllo dell'accademia di san Luca, che ogni anno poteva per editto papale annullare una condanna a morte. Per farlo arrivarono a tentare di uccidere, senza successo, Giovanni Baglione, allora presidente in carica dell'accademia, che non avrebbe mai acconsentito a graziare il suo acerrimo rivale.
Confidando in questi tentativi e sperando che in qualche modo gli sarebbe stata concessa la grazia, Caravaggio decise di fare ritorno a Roma, consegnando in anticipo la tela del Martirio di Sant'Orsola che aveva completato in gran fretta per conto del genovese Marcantonio Doria. I colori erano ancora freschi e i servi del Doria, per accelerarne l'asciugatura, la esposero ad essiccare al sole, daneggiando i pigmenti. La carriera di Caravaggio pittore si conclude qui: il Martirio di sant'Orsola è infatti l'ultima tela nota attribuita all'artista.
Si imbarcò nella feluca che faceva il tragitto Napoli-Porto Ercole: era diretto a Palo vicino Civitavecchia, quello che all'epoca era considerato il porto di Roma, per attendere in sicurezza la grazia papale e rientrare da uomo libero in città.
Portava con sé tre quadri con soggetto Giovanni Battista ed uno la Maddalena, destinati al cardinale Scipione Borghese, che tanto si stava adoperando per lui.
Sbarcato a Palo fu fermato da una guardia che sorvegliava la costa e fu trattenuto in detenzione per accertamenti due giorni, mentre la feluca aveva continuato il suo viaggio verso Porto Ercole e poi di nuovo verso Napoli con il suo bagaglio e le 4 tele che portava in dono al cardinale.
Quando fu rilasciato, il pittore cercò di raggiungere a piedi Porto Ercole, distante da Palo più di 100 km, per recuperare il suo bagaglio e i 4 quadri: secondo i documenti ufficiali che attestano la morte del pittore, Caravaggio riuscì in effetti a raggiungere la località in preda a febbre malarica. Fu quindi ricoverato presso l'ospedale di Santa Maria Ausiliatrice, dove morì il 18 luglio 1610.
Il “giallo” della morte di Caravaggio: evento naturale o omicidio su commissione?
Gli storici hanno avanzato molti dubbi sulle circostanze della morte di Michelangelo Merisi ed in particolare sulla presenza della guardia costiera che lo arresta. I resoconti parlano di una guardia spagnola, che non avrebbe avuto nessuna giurisdizione a Palo, in pieno territorio pontificio.
Altre fonti dell'epoca parlano di un equivoco: Caravaggio sarebbe stato scambiato per un'altra persona e arrestato al posto suo. Ma come mai la guardia ci mette due giorni ad accertare l'identità del pittore e a rilasciarlo? E come mai decide di rilasciarlo, se la guardia accerta di aver catturato un condannato a morte? Avrebbe potuto eseguire la condanna e riscuotere la taglia e invece lo lasciò andare verso Porto Ercole...dove molti pensano non sia mai giunto.
In effetti pensare di riuscire a coprire una distanza di più di 100 km a piedi nelle precarie condizioni di salute in cui si trovava Caravaggio dopo il viaggio in nave è altamente improbabile. Molti storici moderni pensano che il pittore sia stato assassinato a Palo, da sicari dei Cavalieri di Malta o della vendicativa famiglia Tommasoni, e poi trasportato a Porto Ercole, dove sarebbe stato seppellito in fretta e in furia in una fossa comune per far sparire ogni traccia dell'aggressione ed ogni possibilità di condurre indagini.
Nessuno dei potenti mecenati del pittore né i suoi familiari furono avvertiti della sua morte, se non a sepoltura avvenuta. E nessuno di loro reclamò la salma o chiese ulteriori dettagli sul decesso, come se sapessero o avessero intuito che l'episodio fosse avvenuto in circostanze “scomode” che era meglio non approfondire.
Inoltre negli archivi pontifici non c'è alcuna traccia di quella grazia per la quale stavano intercedendo tanti illustri amici dell'artista e che fu in effetti concessa ad Onorio Longhi, compagno di sventura di Caravaggio considerato “complice” nell' omicidio Tommasoni.
Magari quella grazia non fu mai concessa o invece fu solo fatta sparire per “coprire” i sicari del pittore, che a quel punto si sarebbero macchiati dell'assassinio di un uomo libero e non perseguito dalla legge. Ad ogni modo Caravaggio fu seppellito a Porto Ercole, sotto la giurisdizione spagnola, per liberare il Papa e lo stato pontificio da ogni imbarazzo e coinvolgimento in eventuali indagini.
I quadri del bagaglio di Caravaggio furono inviati alla marchesa Costanza Colonna a Napoli, che effettivamente fece avere dopo circa un anno il quadro del Giovanni Battista al cardinal Scipione Borghese: ancora oggi il quadro è conservato nella galleria Borghese a Roma.
Bibliografia
Baglione G. (1642). Le vite dei pittori, scultori et architettori. Vita di Michelangiolo da Caravaggio
Bellori G.P. (1672). Le vite dè pittori, scultori et architetti moderni. Michelangiolo da Caravaggio
V. Pacelli G.Forgione (2012) Caravaggio tra arte e scienza, ed. Paparo