Per la storia della scienza il seicento costituisce un periodo eccezionale, paragonabile soltanto a quello che aveva segnato il nascere della scienza in Grecia o la scoperta della relatività e dei quanti in epoca moderna.
Un nuovo modo di fare scienza
Il concetto di scienza e di natura in periodo medioevale e rinascimentale sono limitati ai bisogni ed alle aspettative del tempo che venivano interpretate e soddisfatte dal pensiero aristotelico che ebbe per secoli grande autorità.
Vengono creati telescopi e microscopi e si apprende la meccanica galileiana, ma la profonda differenza sarà data dallo sviluppo di un nuovo modo di fare scienza non più solo a livello qualitativo ma anche quantitativo con l'utilizzo della matematica come linguaggio.
Se entrassimo in un aula della Sorbona o dell'università di Coimbra ed assistessimo ad una lezione di fisica rimarremmo stupefatti ascoltando il professore. La fisica era parte del quadrivio e rappresentava una delle parti più nobili ed alte del sapere, ma per l'epoca la sua conoscenza era ben limitata. Il mondo dell'epoca medievale era piccolo; il sole distava 6.500.000 chilometri e non 148.000.000, le stelle erano fisse e sopra di esse stava il cielo dei beati mentre il centro di tutto era la terra nel cui profondo c'era l'inferno, per La Peyre il mondo aveva solo 5.954 anni.
I primi strumenti
Pochi erano gli orologi, i gendarmi portavano con se dei galli per darsi la sveglia, ed erano alquanto imprecisi tanto che il calcolo della caduta dei gravi era disperato tanto difficile la sincronizzazione degli strumenti. Le unità di riferimento poi erano diverse da provincia a provincia tanto da render poco utili gli studi sperimentali poiché chi li leggeva spesso non aveva i metri di riferimento.
Il calcolo matematico era ancora rudimentale, non tutti conoscevano i numeri arabi e dovevano arrovellarsi con il sistema greco o peggio romano, ma soprattutto la scienza non era al primo posto nella vita delle persone, essa era anzi in fondo, era l'ultimo dei pensieri.
L'eredità aristotelica
La fisica aristotelica si basa su una particolare logica degli eventi che giustificava la natura in base all'osservazione, dall'osservazione scaturiva una classificazione che procedeva per sillogismi fino alla causa prima. Il modo di pensare di Aristotele e di tutti i posteri fino al seicento era anch’esso ancorato alla ragione e per quanto possibile matematico ma partiva da premesse alquanto particolari che rendevano l'intero edificio del pensiero alquanto sbilenco.
Per Aristotele la parola designa sia l'idea che la causa, l'idea è causa dell'essere, tal modo di ragionare finisce per dar vita a una metafisica della natura , dinnanzi a tali premesse Rabelais non si trattiene e parla di matagrabolisation des cervelles, ovvero rimbambimento dei cervelli.
Per di più Aristotele si rende conto che passare dalla fisica a Dio non è cosa da poco ma accidentalmente nel medioevo i testi aristotelici di teologia vennero interpretati di metafisica (termine sconosciuto al filosofo greco) e la piega che prese la speculazione non migliorò il sapere scientifico. Infine è doveroso ricordare che c'erano anche interessi etici e politici che sottostavano al sapere aristotelico e il filosofo era interessato a far coincidere e giustificare la forma di stato con la natura. Per via matematica si dimostra che l'aristocrazia è la migliore forma di governo, perchè la proporzione armonica che la simboleggia è più perfetta della proporzione aritmetica e geometrica che rappresentano democrazia e monarchia, così la pensa Platone e tramite Boezio tutto il medioevo fino al diciasettesimo secolo. Per Aristotele esistono uomini che per natura nascono schiavi, la loro fine è il padrone così come la forma è il fine della materia. Dante non la pensa diversamente e nella 'Monarchia' riprende Aristotele per affermare che la monarchia è il benessere del mondo, che il Papa è il sole e l'imperatore la luna. Non facciamoci abbagliare dall'uso di simboli per i sapienti di allora tali ragionamenti erano scienza.
L'impronta della chiesa
Teologi e scienziati medievali non sempre hanno ripetuto la lezione greca ma l'hanno modificata piegandola a piacere alla religione cristiana, nel settecento incominciarono i primi seri studi storici ed Aristotele, ripulito dalla interpretazione superficiale e distorta che aveva preso, ciò nonostante venne sempre combattuto dai nuovi scienziati come causa di tanti errori.
Nel seicento Cartesio, Marsenne, Galileo, Gassendi con molto coraggio e liberta di spirito attaccano l'autorità aristotelica e scolastica perchè ormai era evidente che gli schemi erano saltati e non si poteva più quadrare il cerchio.
Nel 1619 Cartesio scopre che la matematica può essere uno strumento scientifico e da allora la scienza prende una direzione totalmente diversa e rivoluzionaria rispetto il passato. Fino ad allora gli strumenti per lo studio della scienza non mancavano, che fossero telescopi, microscopi o sistemi di calcolo, ma non si usavano per trarne vantaggio speculativo. Dissacrato che fu Aristotele e con coraggio iniziata una nuova sfida alla natura la matematica da parte degli scienziati dell'epoca viene usata come chiave d'interpretazione della natura per cercare le risposte alle millenarie domande.
Molto spesso una scoperta nasce dall'incontro di due idee già note. Da secoli si possedevano tavole molto esatte degli angoli di incidenza e di rifrazione, e per giunta si conosceva un po’ di trigonometria; la legge fu trovata quando si pensò di confrontare queste tavole con quanto si sapeva dei seni. L'invenzione della fisica matematica è una storia analoga: si conoscevano dei fenomeni e per giunta un po’ di calcolo; l'idea geniale fu di leggere i fenomeni col linguaggio del calcolo, e la necessità della lettura costringerà a perfezionare il linguaggio. Questa idea germoglia in Galileo verso il 1590 ed in Cartesio trenta anni dopo che si senti colpito da tal folgorazione venuta dal cielo tanto da fare un pellegrinaggio alla madonna di Loreto come atto di ringraziamento per una simile rivelazione.
Antiquate idee
Per secoli e secoli l'uomo era vissuto tra miti, dei, astri, sortilegi e tutto il pandemonio del dottor Faust, simpatie e antipatie della fisica qualitativa, poi scopre che la natura è matematica e tutte le misitiche credenze e favole del passato finiscono in magazzino. Ora grazie alla matematica e pensando la natura come macchina si riescono a stabilire regole precise e certe sul funzionamento dei fenomeni, l'uomo non è più in balia degli eventi ma riuscirà a dominarli e piegarli. Cartesio non trova differenza tra natura ed artificiale nei Principia dice: tutte le cose che sono artificiali son per ciò stesso naturali.
Gli scienziati si mettono al lavoro per scoprire i fenomeni naturali e per molto tempo si dovrà lavorare prima di trovare la giusta spiegazione ma per l'intanto le magie vengono eliminate come è il caso della calamita che sebben sia Cartesio che Gilbert danno spiegazioni errate tuttavia la tirano via dalle credenze metafisiche.
Anche gli animali, dopo secoli di teorie, diventano macchine non trovando ancora studio nella biologia, nel 1636 Marsenne dice: Le bestie non sanno neppure quello che sentono, agiscono solo se stimolate, come e' necessario che le ruote di un orologio seguano i pesi o la molla che la tira. Nel seicento e nel secolo successivo si fabbricano automi per cercar di replicare la natura perché solo costruendo si ha la conoscenzadella natura.
Si creano due filoni di speculazione scientifica uno inglese che considera lo spiegare il costruire dei modelli meccanici con pezzi di materia e di forza e l'altro francese che considera lo spiegare ridurre il mondo in figure geometriche e trovarne l'equazione.
L'oggettività
Nasce così la riscoperta dell'oggettività, fino ad allora vigevano due scuole di pensiero quella aristotelica che era un oggettività soggettiva e credeva che le cose fossero come appaiono e noi le percepiamo, per cui un sacco è leggero se per tutti è leggero ad eccezione di bambini e malati. Gli scettici invece portavano all'eccesso e dichiaravano che nulla era quale lo si vedeva e non c'era via per giungere ad una verità. Con l'introduzione di dati quantitativi però si cambiava punto di vista, un sacco pesa 10 kg indipendentemente da chi lo solleva e per tanto può essere pesante o leggero ma sarà sempre 10 kg.
Gli scienziati del seicento dovettero combattere lungamente contro i loro stessi colleghi per spazzar via le credenze aristoteliche perchè è facile attaccarsi all'immaginazione, al dato sensibile, all'orgoglio e alla pigrizia di studiare per capire.
Le scienze fisiche
L’interesse per le scienze fisiche si rifletteva nell’atteggiamento del pubblico colto. Le scoperte di Newton piacevano allo spirito dell’epoca. Perciò suscitarono molta ammirazione e interesse. La fisica e la matematica newtoniane rimanevano oltre la portata dell’uomo medio, anche se colto. Però ne influenzarono l’atteggiamento nei confronti del mondo. Le altre scienze, però, erano molto indietro rispetto alla fisica e all’astronomia. Anche la chimica ebbe un lento sviluppo. Inoltre l’elettricità rimase, nel diciottesimo secolo, un argomento misterioso, anche se di enorme interesse. Ma teorie errate e conoscenze inadeguate non scemarono l’interesse che il pubblico colto sentì per le scienze fisiche. Questo crescente interesse si manifesta in diversi modi: la messa a punto di vocaboli scientifici;l’uso nel linguaggio quotidiano di termini scientifici; il successo di opere popolari di argomento scientifico; la misura in cui i personaggi più illustri della vita politica, intellettuale e religiosa si dilettarono di scienze.
Buona parte dell’interesse pubblico per la scienza aveva carattere molto superficiale. Gli esperimenti di fisica erano un gioco di società più che un saggio di esplorazione della natura.
Per tutto il periodo la separazione platonica tra conoscenza scientifica e vita quotidiana era regolagenerale. Neppure le tecniche nuove che contribuirono alla rivoluzione industriale furono frutto di studio delle scienze fisiche. Però si ottenne qualcosa. Gli esperimenti scientifici rappresentarono un progresso rispetto ai gabinetti di «curiosità». Il pubblico interesse per la scienza rivelò che molta più gente credeva che il mondo naturale fosse governato da leggi.
Scienza e fede nel periodo barocco
Alla scienza era però legato il problema della fede e del suo lento declino. In Inghilterra si può dire che nessuno più vedesse nella scienza una minaccia per la fede. Uno storico è arrivato a parlare di «quel fenomeno caratteristicamente inglese, la santa alleanza di scienza e religione ». Per tutti gli scienziati inglesi i fenomeni naturali erano comunque opera di Dio. Molti di quelli che si occuparono di scienza appartenevano al clero. Il deterioramento di queste basi fu solo opera di matematici. In Francia la situazione era più o meno la stessa. L’attacco alla fede tradizionale fu guidato da filosofi e storici. Solo negli ultimi anni del secolo uno scienziato pubblicò una descrizione dell’universo in cui non c’era posto per Dio. Nei salotti parigini erano già diffusi lo scetticismo e il materialismo. Lo sviluppo delle scienze contribuì a creare un’atmosfera in cui diventò possibile distaccarsi dalla religione.