Luigi XIV, buon conoscitore dei propri contemporanei, soleva dire: Le donne sono elequenti, caparbie nelle loro convinzioni e posseggono innato il senso dell'intrigo. Erano appunto queste le "doti" che il re sfruttava quando inviava un'ambasciatrice in una corte straniera.
Una delle sue ambasciatrici più famose fu Luisa di Kéroualle, duchessa di Portsmouth nata a Brest nel 1649. A lei il re chiese di ottenere la fiducia del re d'Inghilterra Carlo II.
Luisa di stabilì in Inghilterra e con con molto zelo mise a punto la sua missione, divenendo l'amante di Carlo II e usando la propria influenza al servizio della politica francese. Molto odiata dagli inglesi la Kéroualle fu ricompesanta da Luigi XIV. Decisamente una Castiglione ante litteram!
Un'altra ambasciatrice del re fu la cognata/cugina, Enrichetta Anna Stuart duchessa d'Orleans. Luigi XIV per isolare diplomaticamente le Provincie Unite affidò ad Enrichetta la missione delicatissima di negoziare il trattato di Douvres: Carlo II, sempre a corto di denaro, ricevette la sorella e per un breve periodo si alleò con la Francia.
La più attiva collaboratrice del re fu la principessa Anne-Marie de la Trémoille che presto vedova, si risposò con il duca di Bracciano Flavio Orsini. Alla partenza per Roma, i forzieri della principessa erano pieni di sete di Lione, di prodotti delle manifatture reali e di incisioni delle più belle dimore di Francia. Suo compito era quello di riconoscere e avvicinare fra loro i cardinali partigiani della causa francese contro quelli della fazione austriaca.
Di nuovo vedova, Anne-Marie si attivò nell'organizzare il matrimonio tra Filippo V, nipote di Luigi XIV, con l'appena dodicenne Maria Luisa Gabriella di Savoia. Molto spesso le ambasciatrici preparavano i matrimoni politici tra principi e principesse ma per quanto riguarda la principessa Orsini il suo lavoro fu ben più ampio: accompagnò la giovanissima Maria Luisa a Madrid, ottenendo poi, grazie a Madame de Maintenon, l'ambitissimo posto di "camarera mayor" e da quel momento la principessa divenne per Luigi XIV una vera e propria spia.
Ambasciate a Versailles
A Versailles, quando arrivava un ambasciatore, le dame si sedevano su una tribunetta allestita nella galleria degli specchi; il loro compito era puramente decorativo e di rappresentanza.
Nel febbraio del 1715, una folla strabocchevole assistette all'arrivo a Versailles dell'ambasciatore dello scià di Persia. Per raggiungere il trono, Luigi XIV passò intenzionalmente vicino alle dame perchè queste potessero ammirare il suo abito e i suoi gioielli.
L'inviato dello scià, seguito dal suo corteo, portava una sciabola e un pugnale in un astuccio d'oro mentre il suo segretario recava le credenziali e una cassetta di gioie. Giunto nella galleria degli specchi, l'ambasciatore prese le credenziali e cominciò il suo primo saluto. Il re si alzò togliendosi il cappello; Mehemet Riza Beg sballottato dalla folla che spingeva per vederlo meglio, rimase turbato al cospetto del sovrano.
I regali fatti al re furono alquanto criticati: tenuto contro delle spese di viaggio e delle varie ruberie dei briganti, non rimanevano che cento perle, duecentottanta turchesi e due scatole piene di un balsamo che avrebbe dovuto conservare, teoricamente, la salute e il vigore di Luigi XIV.
Il re e i suoi ministri avrebbero voluto allacciare relazioni commerciali tra la Francia e la Persia e a questo proposito inviarono allo scià splendidi regali: due orologi d'oro, una grande pendola a suoneria che funzionava sei settimane senza essere ricaricata; una spilla di diamanti e di smeraldi; un paio di pistole incrostate d'oro; stoffe d'argento e oro, un tappeto e un lampadario. Ma nulla di tutto ciò arriverà mai a destinazione. L'ambasciatore, temendo la traversata dei paesi ottomani e i pericoli di un viaggio troppo lungo, decise di passare per il nord della Francia e per la Danimarca. Attraversò la Moscovia e nel 1717 giunse nel sud della Russia ma essendo stato costretto a vendere a poco a poco tutti i regali del re di Francia, non osò comparire davanti allo scià e si avvelenò. Fu questa la fine ingloriosa, dopo tre anni di viaggio, di uno zelante ma sfortunato ambasciatore.
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