Durante la bella stagione i fiumi attirano i bagnanti: gli uomini in costumi molto semplici, le donne in camicia.
Bassompierre, contemporaneo di Luigi XIV, dice di avere visto quattromila persone fare il bagno contemporaneamente nella Senna.
Nel XVII secolo gli inverni sono però molto rigidi: si registrano talvolta a Parigi temperature di -20°; ci si pulisce allora con aceto, con alcol diluito, o a secco.
Parigi ospita servizi pubblici dov’è possibile rifocillarsi con un bagno d’acqua o di vapore.
I portatori d’acqua circolano a migliaia per la città. Alcuni lussuosi palazzi sono dotati di stanze da bagno. Madame de Beauvais fa in tale campo concorrenza alla regina madre Anna d’Austria.
A Versailles, l’appartamento dei bagni di Luigi XIV riscuote l’ammirazione dei visitatori: si compone di un vestibolo ornato di dodici colonne, di una grande sala decorata di statue di piombo e stagno dorato rappresentanti i mesi che portano fiaccole; viene quindi la camera con un’alcova in cui si trova il letto; gli oggetti per la toletta sono disposti su un mobile lungo. La stanza vicina contiene una grande vasca ottagonale, scavata in un monoblocco di marmo.
Nel 1679 Luigi XIV ordina due vasche da bagno di marmo per i suoi appartamenti; poichè si rivelerà difficile scaldarle, si userà foderarle con lenzuola e pizzi che formeranno il "corredo" del bagno.
In un libro di galateo, l’autore consiglia ai bambini di pulirsi il viso e gli occhi con un panno bianco “che sgrassa, e lascia inalterato l’incarnato e il colore della costituzione naturale. Lavarsi con l’acqua provoca mal di denti…”. Nello stesso trattato si raccomanda di non disturbare gli altri con l’insufficienza delle proprie cure igieniche : “ La pulizia fa parte della buona creanza. Bisogna avere cura di tenere sempre ben puliti testa, occhi e denti; la negligenza di questi ultimi guasta la bocca e infetta coloro ai quali parliamo… ed anche i piedi, per non nauseare i nostri compagni di conversazione”. Quanto ai denti, si succhiano o si masticano foglie e ramoscelli di catecù (una varietà di acacia), cannella, chiodi di garofano “per aver l’alito dolce”, finocchio, menta e fiori di lavanda.
Il profumiere assume un’importanza grandissima: vende cuscini aromatici, siringhe per spruzzare l’acqua dei fiori d’arancio, colletti e guanti profumati.
Profumi allora in voga sono il giaggiolo di Firenze, la violetta, il mughetto. Per la cura della pelle si usano ciprie, pomate per pulire e rendere più bianco il viso, saponette profumate, pani di mandorla. Già da tempo le più vanitose usano l’acqua di rosa (inventata da Leonardo da Vinci), per cercare di far assumere al proprio incarnato il colore del fiore, o l’acqua di fiori d’arancio. Esiste anche un liquido straordinario che cura i capelli, calma i bruciori causati dal rasoio, guarisce i geloni e rende bianchi i denti.
Una crema di bellezza impedisce il formarsi di rughe e ripara i guasti causati dagli altri prodotti; effetivamente le dame abusano del trucco e dei nei che fanno risaltare la bianchezza dell‘incarnato: le donne incollano sul viso i nei o “mosche” (pezzettini di garza) di forma e nomi svariati: l’appassionato, vicino all’orecchio; il civettuolo, vicino al labbro; lo sfacciato vicino al naso.
Per curare le spalle, niente di meglio di una pomata di piede di montone “ che rende la pelle bianca e vellutata”. Per profumarsi i capelli, cavalieri e dame usano essenza di bergamotto, limoni rosa, acqua ai mille fiori.
È ben comprensibile la reazione di Luigi XIV che proibisce di usare a Versailles qualsiasi profumo, solo quello al fiore d’arancio è tollerato, lanciato dalla Principessa Orsini, che dopo avere soggiornato in Italia (Nerola), di ritorno in Francia portò con sè l'estratto di arance amare locali dal quale successivamente ricavò il pregiato profumo Neroli tutt'oggi prodotto in Francia.
La “Toilette de Flora” e la nascita della cosmesi “naturale” Il profumo