Tutte le potenze imperialiste avevano espresso una legislazione che mirava a fare delle colonie un complemento e un sostegno dell’economia della madrepatria, in modo da contribuire alla creazione di un impero economico unitario. Il più noto di questi saggi legislativi è il Navigation System inglese. Questo gruppo di leggi mirava a fare dei prodotti principali delle colonie, zucchero e tabacco, un monopolio del mercato inglese.
In cambio i coloni dovevano fornire merci che l’Inghilterra non era in grado di produrre. Certi preziosi prodotti coloniali, i cosiddetti «prodotti enumerati», dovevano essere esportati soltanto nella madrepatria. Il commercio tra l’Inghilterra e le colonie doveva svolgersi soltanto per mezzo di navi inglesi o coloniali e gli stranieri dovevano essere esclusi dai traffici con i possedimenti inglesi d’oltremare.
Il valore di una colonia era determinato dalle possibilità commerciali che offriva. Le colonie tropicali o sub-tropicali potevano essere considerate più preziose degli stessi domini territoriali europei, tanto che nel settembre 1779, in uno dei momenti più critici della storia inglese, Giorgio III dichiarava: Le nostre isole [ Indie occidentali] devono essere difese anche a rischio di una invasione di questa isola. Se perdiamo le isole dello zucchero sarà impossibile ottenere il denaro necessario per continuare la guerra. Queste idee venivano incoraggiate dal fatto che il commercio di tutte le grandi potenze marittime con le colonie si stava sviluppando rapidamente più del commercio d’oltre mare.
Alla fine del periodo oltre la metà del commercio estero dell’Inghilterra si svolgeva con regioni extra-europee. Una parte sempre crescente delle sue risorse di uomini e capitali veniva adesso impiegata nel commercio coloniale a grande distanza. Il divario di ricchezza tra gli stati dell’Europa occidentale che avevano importanti possedimenti coloniali e quelli della Germania, dell’Italia, della Scandinavia e dell’Europa centrale che non ne avevano, diveniva più evidente; mentre gli sforzi dei secondi per ristabilire l’equilibrio ebbero poco successo. Alcuni paesi, soprattutto l’Inghilterra e il Portogallo, adesso guardavano all’America, all’Africa, all’Oriente, e non più all’interno dell’Europa.
I prodotti di scambio
Dall’emisfero occidentale l’Europa ricevette tutta una gamma di prodotti in cambio di tessuti, ferramenta, attrezzi, carta, vetro e altri manufatti. Dal Canada venivano le pellicce, che oltre ad essere preziose di per sé formarono la base di una importante industria di cappelleria. Da Terranova venivano quantità inesauribili di pesce salato, esportato nei paesi cattolici del Mediterraneo, dove c’era una richiesta che né le scorte locali né lo stoccafisso norvegese potevano soddisfare. L’Inghilterra aveva esportato in quelle colonie più soldi di quanti ne avesse importati. Le colonie mandavano molto legname da costruzione nelle Indie occidentali, ma una lunga serie di tentativi intesi a farne una fonte di materie prime navali avevano avuto risultati deludenti. Esportavano quantità considerevoli di viveri e di cavalli, ma alle Indie occidentali soltanto; e la loro importante industria di costruzioni navali assicurava loro i mezzi per svolgere un vasto contrabbando con le colonie della Francia o della Spagna, anche quando l’Inghilterra era in guerra con questi paesi. Soprattutto con l’incerto sviluppo economico di queste colonie nella seconda metà del diciottesimo secolo diventò particolarmente evidente che esse, oltre ad aiutare l’economia della madrepatria, cominciavano a farle concorrenza. Fino alla rivoluzione americana la Nuova Inghilterra non riuscì mai a adattarsi al sistema coloniale inglese.