Nel diciottesimo secolo le colonie erano considerate regioni che portavano materie prime e prodotti alla madrepatria per sviluppare il commercio.
La corsa ai territori era già iniziata ma solo verso la fine del settecento e soprattutto successivamente il fenomeno divenne mondiale e di grande rilevanza politica.
I commerci dell’Europa con l’America latina erano inferiori a quelli con l’America del nord o con le Indie occidentali, in quanto queste la rifornivano di oro e argento; e dal 1730 in poi di una merce meno importante ma più adatta a accendere le fantasie, i diamanti brasiliani.
La situazione era nettamente diversa per i commerci dell’Europa con l’Africa e con l’Estremo Oriente. In America, negli ultimi decenni del secolo, i coloni europei erano già milioni. In Asia invece i residenti europei si contavano solo a migliaia. La Siberia, colonia russa, restò scarsamente popolata e trascurata. I tentativi fatti da Caterina II per accrescerne la popolazione russa ebbero scarsi risultati. In Africa, c’erano stabilimenti commerciali europei nei porti degli stati berberi e dell’Egitto. A parte la colonia olandese del Capo di Buona Speranza, che aveva però tendenze espansionistiche, non ci furono insediamenti permanenti europei. La gran maggioranza degli africani continuava a morire senza aver mai visto un uomo bianco o senza essere stata influenzata da idee o tecniche europee.
Inoltre, l’America assicurava ai prodotti europei un mercato immenso e in rapido sviluppo, mentre l’Asia e l’Africa ne consumavano solo quantità limitate. Il peso di questi fatti sul commercio dell’Europa con l’Africa e con l’Oriente fu immenso.
L’economia delle Indie e la tratta degli schiavi
Quasi tutte le isole delle Indie occidentali basavano la loro economia sulla produzione di zucchero, variata in alcuni casi dalla coltivazione di caffè, zenzero, indaco, cocciniglia o cotone. Erano prodotti ottenuti con l’impiego di schiavi; e per la vita economica della regione era essenziale un continuo rifornimento di schiavi a prezzi ragionevoli. Questo significava che il legame economico tra Caraibi e regioni nell’Africa occidentale produttrici di schiavi era strettissimo. Con i grandi porti europei della tratta queste due regioni formavano gli angoli del cosiddetto « commercio triangolare».
La tratta degli schiavi era un commercio in cui l’intervallo tra investimento e ricavo era lungo. Era anche rischioso: non sempre riusciva facile raccogliere gli schiavi nell’Africa occidentale, e le perdite dovute a malattie, durante il passaggio dell’Atlantico, potevano essere pesanti. Di conseguenza verso la fine del diciottesimo secolo la tratta finì nelle mani di grosse imprese commerciali. In ogni modo rimase per tutto questo periodo un settore importante del commercio europeo, un settore che aveva una parte di rilievo nei calcoli del governo. Raggiunse tale posizione non soltanto perché dava impiego a navi e marinai; ma soprattutto perché era la base di tutta la vita economica dei Caraibi e delle colonie meridionali dell’America settentrionale e meridionale.