L’età moderna segna un regresso delle condizioni sociali delle donne. Il ritorno al diritto romano ne indeboliva la posizione giuridica mentre sul piano religioso la Controriforma limitava l’azione femminile. La donna doveva servire Dio solo nella clausura o nel ritiro dei conventi, sottoposte al rigoroso controllo spirituale del clero maschile. La riscoperta di Aristotele aumenta la misoginia religiosa per cuila donna era una forza negativa che doveva essere dominata. La paura che suscitava era anche un modo di prendere atto della sua centralità nella vita sociale.
In Italia e Francia
L’Italia del Rinascimento aveva fatto posto alle donne, tanto all’interno delle sue corti quanto nel mondo della prostituzione e dell’illecito, ma le aveva tenute lontane dalla vita della società civile. La presenza femminile sulla scena pubblica rimaneva estremamente controversa e si mascherava dietro formule ambigue, come indica l’espressione «cortigiana onesta».
In Francia la donna aveva nella società aristocratica più libertà che in Italia, per un’antica tradizione le donne non vivevano isolate dagli uomini e non erano tagliate fuori dalla vita sociale; il loro ruolo era decorativo manon erano per questo escluse. Alcune grandi dame avevano partecipato alla vita culturale e la presenza femminile aveva dato contributo allo splendore della monarchia dei Valois.
Un ruolo più attivo
A partire dai primi decenni del Seicento la presenza delle donne nella società francese crebbe, non furono più costrette a conquistarsi uno spazio d’influenza al di fuori dei confini della sfera domestica, ma assunsero la guida della vita mondana. Le nobildonne avrebbero dal seicento in poi dettato legge in materia di gusto buone maniere e anche di civiltà.
Come in tutta Europa la donna era sottomessa prima all’autorità paterna, poi a quella maritale; non era indipendente, né veniva consultata sulle decisioni fondamentali che determinavano la sua esistenza. La sola libertà concessa era di rinunciare al mondo e rifugiarsi in convento.
Nell’ottica della rinnovata morale aristocratica la donna viene rivalutata partendo dall’antica tradizione feudale. Delicata, indifesa e bisognosa di protezione, la donna diventava, nella concezione nobiliare dell’onore, la destinataria per eccellenza dell’omaggio cavalleresco.
L’educazione femminile
Fin da piccole le bambine aristocratiche venivano cresciute nella consapevolezza di una loro innata superiorità, erano istruite sulla storia della famiglia e della importanza e questo suppliva e compensava l’inferiorità del sesso. La badessa de Richelieu rimproverando Mademoiselle Montmorencydisse: “quando fate così vi ammazzerei” e la piccola di nove anni rispose: “Non sarebbe la prima volta che i Richelieu divengono i carnefici dei Montmorency!”, segno che la bambina sapeva perfettamentela storia della sua famiglia. Le ragazze della nobiltà avevano una piena coscienza del dovere dinastico e a differenza delle ragazze borghesi non interrogavano i loro sentimenti in caso di matrimoni programmati.
Anche il corpo veniva educato: busti, corpetti, stecche di balena, lezioni di portamento e di danza correggevano la natura troppo ugualitaria e disegnavano una silhouette inconfondibile: bacino stretto, spalle sfuggenti, schiena eretta,e andatura sapiente. Per le donne della nobiltà, l’obbligo di “apparire” si estendeva dal corpo all’arte della parola. L’apprendistato iniziava da fanciulli dalla purezza della lingua materna tramite trasmissione orale. Le conoscenze delle donne era limitata e lo studio superficiale, meglio non distinguersi ne esprimere opinioni personali, l’identità individuale primeggiava su quella personale.
La politesse
La parola chiave per il comportamento femminile era la politesse che rappresenta un codice di comportamento. Un insieme di regole acquisite per educazione che comporta una doppia finalità: facilitare i comportamenti sociali e dimostrare la propria educazione e il saper vivere.
Madame de Scudery in una lettera a Voltaire racconta la sua educazione: ”Tutta la mia educazione si è concentrata su ciò che poteva rendermi gradevole ... La reputazione di una donna di spirito mi sembra una beffa inventata dagli uomini per vendicarsi del fatto che generalmente le donne hanno più spirito di loro. Tanto più che a questa qualifica si associa quasi sempre l’idea di una donna istruita, e la più istruita delle donne non ha e non può avere che conoscenze estremamente superficiali ...una donna, per il fatto di essere donna, non ha la possibilità di acquisirne di abbastanza vaste per essere utile ai propri simili, e mi sembra che solo di quelle sia ragionevole menare vanto. Per poter fare uso utilmente delle proprie conoscenze, di qualunque genere esse siano, bisogna poter unire la pratica alla teoria: senza di ciò si hanno solo delle nozioni imperfette”.
La lingua francese nasce dalla cultura femminile
La mancanza di cultura umanistica nelle donne francesi ha permesso che la lingua francese si sviluppasse in piena limpidezza. Le donne non studiavano latino ne erano infarcite di teorie filosofiche e si esprimevano in modo semplice, chiaro ed elegante. All’inizio del XVII secolo la Francia divenne consapevole della propria forza, era necessario quindi che si creasse una lingua propria. La musicalità di una lingua non poteva essere un’operazione di complessa ricerca maandava cercata nella pratica viva delle elite, nelle conversazioni delle donne, cresciute al riparo dalle influenze corruttrici del mondo.
La conversazione
Da quel momento, in Francia, l’arte della conversazione diventa inseparabile dalla delicatezza quasi musicale e dalla curiosità più puntuale rivolta all’enunciazione orale della lingua. Con l’avvento al potere di Richelieu, la promozione della lingua reale iniziata da Malherbe diventava uno dei punti chiave della politica culturale della monarchia. Questa aveva bisogno di un francese moderno ed elegante, che permettesse la nascita di una grande letteratura nazionale, che consentisse alla società di corte di illustrare con la sua raffinatezza la magnificenza del sovrano, e potesse imporsi come lingua egemone in tutta l’Europa.
L’honneteé, altra parola chiave del mondo antico aveva duplice, per l’uomo l’honnété era un ideale di comportamento sociale laico, per la donna era legato ai valori religiosi della devozione, della pietà e della castità. Le donne non erano propense a dare ascolto a questi consigli e ad attenersi a un ruolo «passivo». Su loro richiesta, nei salotti si sarebbe conversato, scritto, rimato e per loro sarebbe nata una letteratura elegante e divertente. La Chiesa avrebbe continuato ad ammonire contro le insidie del gioco e dell’immaginazione, senza tuttavia riuscire ad aggiornare le sue vecchie argomentazioni, rese desuete dall’evoluzione del costume nobiliare.
Il potere del gusto
Il gusto femminile era diventato determinante nel decretare il successo di un’opera, nel consacrare la reputazione di un autore, nell’orientare la produzione letteraria. Anche Descartes decideva di scrivere il suo Discours de la méthode in francese anziché in latino, e di rinunciare a trattare a fondo il troppo difficile problema dell’esistenza di Dio.
Il potere delle donne cresceva anche nel campo della pedagogia, alla fine del seicento era riconosciuta loro un capacitàeducativa efficace ed unica della politesse.
Vestali di un patrimonio di segni che fungevano da codice di riconoscimento di un’intera élite, garanti, con la loro semplice presenza, della purezza della lingua e della delicatezza dei modi, le donne della nobiltà sembravano schierate dal lato della continuità e della tradizione. Ma la aspirazione al lusso ed ai piaceri omologava la cultura aristocratica a quella borghese.