La nostra cultura presuppone una stretta corrispondenza tra identità biologica e sessualità. Per lo più si ritiene che la sessualità sia un elemento determinante per caratterizzare la nostra personalità.
Nel tempo l’immagine di ciò che noi identifichiamo come maschile e femminile è cambiata; l’immagine di Luigi XIV con parrucca, stravaganti fibbie alle scarpe, gambe esili e graziose erano considerate dai contemporanei simboli di virilità mentre la parte più femminile di una donna era considerata il collo.
Le donne nell'ancien regime
Prima del XIX secolo l’identità sessuale non era una componente della personalità umana. Pur esistendo probabilmente delle sottoculture omosessuali, erano ben pochi coloro che pensavano in termini di personalità “normale” o “omosessuale”. Tali tendenze venivano considerate una questione di gusto e di interesse, il passatempo dei libertini, e non la piena esplicitazione di una qualche peculiarità della personalità umana.
L’antichissima Querelle des Femmes, il grande dibattito letterario sulle differenze tra i sessi protrattosi in Francia dal XIV al XVIII secolo, fu incentrata sulla contrapposizione tra i caratteri maschile e femminile e ben poco sulle distinzioni biologiche.
La distinzione dei ruoli sessuali tra le élites del XVIII secolo era meno marcata di quella esistente tra le élites del XIX e dell’inizio del XX secolo. Solo in epoca vittoriana c’è una netta distinzione dei sessuale, benché la cultura europea sia sempre stata patriarcale ma le donne del mondo della classe agiata dell’ancien regime hanno goduto di una buona libertà vivendo felicemente. Dopo la rivoluzione francese la situazione delle donne peggiorò sensibilmente.
La storia dimostra che le donne delle classi superiori se la passassero di fatto meglio in una società strutturata gerarchicamente come quella dell’Ancien Régime che non nei sistemi più democratici succedutisi nel XIX secolo. Le società settecentesche furono tutte caratterizzate in misura maggiore o minore dalla nozione di privilegio anziché da quel la del diritto civile. Prima della rivoluzione francese e dell’impero napoleonico, ben di rado fu promulgata una legge che riguardasse in modo paritario tutti i membri della società. Le leggi, al pari dei privilegi, erario espressione del rapporto intercorrente tra il sovrano e il suddito, tra il monarca e il nobile, ed erano dunque frutto di un incessante negoziato. Da questo contesto di estrema flessibilità delle istituzioni legali e sociali le donne aristocratiche traevano spesso grandi benefici.
L'influenza di Jean Jacques
Jean-Jacques Rousseau individuò un rapporto diretto tra donne e monarchia assoluta, fondendo con grande forza immaginativa una critica sociale misogina e un attacco democratico all’assolutismo. Rousseau sostenne che gli uomini fossero stati resi effeminati dalle donne, diventando così incapaci di assolvere a quei compiti virili che caratterizzano una buona politica. Dal momento in cui gli uomini erano diventati donne e le donne avevano preso a governare, la vita politica era crollata nel più misero decadimento. Rousseau invocava una nuova era di domesticità femminile, in cui le donne restassero a casa ad accudire i figli e i mariti, lasciando esclusivamente a questi ultimi la sfera pubblica.
Le idee di Rousseau ricevettero l’avallo più importante durante la rivoluzione francese, quando i giacobini, tentarono sistematicamente di escludere le donne dalla partecipazione al nuovo regime. I rivoluzionari francesi emanciparono gli schiavi neri e concessero agli ebrei i pieni diritti civili, ma metà della popolazione restò esclusa dalla nuova costituzione. Nel corso del la rivoluzione, alle donne fu vietato di partecipare a club politici, di presentare petizioni all’Assemblea nazionale o di partecipare alla vita militare.
L'idelogia illuminista
La vita domestica divenne la nuova, moderna ideologia posta a modello di condotta femminile. “Le donne non devono diventare legislatori, come accade in alcuni paesi, e non devono neanche diventare schiave, come accade tra gli orientali”, scrisse una donna in tardo periodo rivoluzionario. “Il loro obiettivo deve essere la felicità domestica degli uomini”; in pari modo, “il primo dovere di una moglie, da cui discende ogni altra cosa, è quello di fare felice il proprio marito”.
Prima della rivoluzione, gli atteggiamenti favorevoli alle donne all’interno della classe aristocratica erano diffusissimi. Vigeva l’opinione comune, espressa meglio di chiunque altri dal filosofo francese Montesquieu e dallo storico scozzese John Millar, che il metro di giudizio di una società civile consistesse nel modo in cui essa trattava le donne. Le società primitive davano valore esclusivamente al coraggio fisico e trattavano le donne alla stregua di bestie, usandole fondamentalmente come macchine da sesso o da fatica. Le società civili, invece, trattavano le donne con rispetto e deferenza, e le rendevano partecipi di tutti i più importanti avvenimenti sociali.