La diplomazia di Luigi XV
Negli anni Cinquanta del Settecento cinque stati dominavano in Europa: Francia, Inghilterra, Prussia, Russia e Austria, e avrebbero continuato a farlo almeno fino al 1918. Se l’architettura di fondo della diplomazia europea era la stessa di quella odierna, ben più complessa ne era la natura. Le monarchie, si pensava, potevano o espandersi o declinare. Lo spirito della monarchia, scrisse Montesquieu, è guerra ed espansione. Scopo fondamentale della politica estera era accrescere le acquisizioni territoriali di un sovrano. Dopo le guerre di religione del XVI e XVII secolo, e in particolare dopo il fallito tentativo di Luigi XIV di dar vita a un vasto impero cattolico, l’Europa visse un’epoca più laicizzata. Tutti i governanti del XVIII secolo concordavano sul fatto che l’Europa dovesse essere governata da un ristretto gruppo di grandi potenze.
L’obiettivo di un diplomatico del XVIII secolo non si limitava al mantenimento della pace, ma era quello di agire in nome dell’interesse personale del re. Da quasi un secolo la Francia la faceva da padrona in questo gioco, vantando risorse maggiori di qualunque altro dei paesi limitrofi: la popolazione più numerosa, l’economia più fiorente, l’esercito più imponente d’Europa e uno dei territori più vasti tra tutti i paesi europei. Tali ricchezze avevano quasi reso possibile la conquista dell’egemonia assoluta da parte della Francia durante il regno di Luigi XIV.
La maggior rivale della Francia nel corso del XVIII secolo fu l’Inghilterra; in quasi tutte le guerre più importanti, da Luigi XIV a Napoleone, i due stati furono nemici. Ma tale idea di una rivalità tra “superpotenze” si fece strada molto lentamente, e non risultò evidente fino al termine della Guerra dei Sette Anni, nel 1763. Per gran parte del secolo, l’attenzione della Francia fu incentrata sul trovare un modo per espandersi a est, verso la Germania e la Polonia.
Luigi XV era un uomo complesso, la cui timidezza e ritrosia indussero il popolo a sottovalutarne l’intelligenza e l’interesse per la politica. Spesso rifuggiva l’intensa vita sociale che i nobili erano soliti attendersi da un grande re, preferendo piuttosto desinare da solo o in compagnia di una ben selezionata cerchia di amici. Ma non era un infingardo, e nell’intimità del proprio studio si dedicava con costanza agli affari di governo.
Il principe de Conti
L’entourage di Luigi XV re di Francia era ristretto ed intimo e doveva tener conto delle influenze dei potenti aristocratici di Francia e delle loro ambizioni: tra questi vi era il Principe de Conti. Cugino di primo grado del re, Conti era uno dei più ricchi e potenti principi d’Europa. Possedeva più di un migliaio di quadri, e la sua collezione di 4000 anelli e 800 tabacchiere era particolarmente rinomata. Il principe aveva talento ed intelligenza, nonché ambizione: il re dovette tenerne conto soprattutto dopo la Guerra di Successione Austriaca (1740-1748) che aveva fatto di Conti un eroe.
Conti e il re divennero intimi destando la gelosia di Madame de Pompadour, la quale sin dall’inizio aveva visto in Conti una potenziale minaccia all’influenza da lei esercitata su Luigi. Conti era un uomo completamente al di fuori del suo controllo, i cui legami con il sovrano erano basati non semplicemente su un’eccellente reputazione, ma sul sangue.
Conti voleva salire al trono in Polonia: idea singolare, ma non del tutto bislacca. Da secoli il monarca polacco veniva scelto dai nobili nel corso di periodiche elezioni, sovente combattute con violente campagne tra fazioni ostili. Nel 1697 Fran de Bourbon fu eletto re, ma una volta arrivato in Polonia non riuscì a salire al trono perché fu osteggiato dai prussiani.
La candidatura di Conti andava gestita con estremo tatto: dopo ore di discussioni il re approvò il progetto, offrendo importanti risorse politiche e finanziarie. Al contempo, Luigi stabilì che tale nuova politica dovesse essere tenuta assolutamente segreta a tutti, finanche al proprio ministro degli Esteri e certamente alla corte di Versailles.
A partire dal 1750 la Francia seguì nei confronti della Polonia due strategie politiche parallele e contraddittorie: una ufficiale, che sosteneva il trono sassone e l’indipendenza polacca, e una ufficiosa, impegnata a trasformare la Polonia in uno stato satellite francese con a capo un re Borbone.
Il Secret du Roi
Per dar forza al piano di Conti venne creata una rete di spie in tutta Europa. Questo sistema divenne noto come il Secret du Roi. Al Segreto mise fine Luigi XVI una volta salito al trono; della sua esistenza si seppe solo con la Rivoluzione Francese, allorché si scoprìla voluminosa corrispondenza di Luigi XV ammassata in stipi segreti.
Uno tra i primi uomini che Conti cooptò nel Segreto fu il futuro protettore di d’Eon, Charles Fran conte de Broglie, che fu ambasciatore di Francia in Polonia e spia al servizio del principe. Il primo era un incarico pubblico e ufficiale; il secondo, segreto e clandestino. In entrambi gli incarichi, egli serviva gli interessi del sovrano. Broglie aveva non uno, ma due diretti superiori: il principe de Conti e il ministro degli Esteri, il quale non sapeva nulla del coinvolgimento del principe nel Segreto.
Nell’adottare la politica del Segreto, Luigi rivelò una debolezza di carattere che avrebbe finito col compromettere la stessa monarchia borbonica. Coloro che lavoravano per il Segreto non potevano nutrire che disprezzo per il ministero degli Esteri, e per quanto tale sentimento potesse essere limitato a un solo dicastero governativo, nulla impediva che potesse diffondersi anche agli altri.
Il Cavaliere d'Eon entra in scena
Nel 1755 l’Inghilterra cercava un nuovo protettore per Hannover, il principato della Germania settentrionale che i monarchi inglesi del Settecento consideravano casa propria, e pensava di migliorare i rapporti con la Russia.
La Francia corse ai ripari nei confronti di Elisabetta I, che governava la Russia sin dal 1741 e nutriva simpatie per Versailles. Il principe Conti si aspettava una nuova guerra e pensava di essere il candidato migliore per divenire comandante del ducato di Curlandia, sotto protezione russa: mossa grazie alla quale sarebbe stato favorito il regno di Polonia.
Nella primavera del 1755 Conti convinse Luigi XV a inviare il cavaliere Alexander Douglas come spia in Russia, al fine di scoprire quanto vicina fosse l’Inghilterra a firmare il trattato con la zarina e in che misura esistesse presso la corte russa una fazione pro-francese; ma giunse in ritardo.
Le speranze francesi sembravano destinate a svanire, ma nel gennaio del 1756 il re di Prussia Federico il Grande sorprese l’Europa intera siglando anch’egli un’alleanza con l’Inghilterra, riaprendo gli scenari franco-russi.
Douglas ritornò in Russia come ambasciatore, e con poteri segreti tali da spingere affinché Conti diventasse comandante dell’esercito in Curlandia; il suo segretario era d’Eon.
Eon in missione in Russia
Nelle prime settimane del 1756, il maggior ostacolo a tali piani sembrava costituito dalla reciproca diffidenza tra Luigi XV ed Elisabetta. Conti avanzò la proposta che i due sovrani dessero vita a una corrispondenza personale segreta che servisse a rompere il ghiaccio. D’Eon era la persona giusta per insegnare all’imperatrice sia il francese, sia i codici segreti da usare nella corrispondenza con Luigi XV. In quanto esponente del salotto del principe, d’Eon era una persona fidata; come gentiluomo di corte vantava doti straordinarie e aveva già dato prova di sé in qualità di letterato. Per la sua qualifica di precettore dell’imperatrice, però, d’Eon assunse l’aspetto femminile: nella sua biografia egli dà per assodato che Conti abbia voluto così perché era nato donna, a conferma che già all’epoca si sapesse che lui fosse di sesso femminile. Accettato dunque l’incarico, d’Eon partì per la Russia nel 1756 munito soltanto di due bauli: “uno contenente vestiti da uomo, l’altro contenente il guardaroba di una donna”. In abbigliamento maschile era il segretario del cavaliere Douglas, un funzionario del ministro degli Esteri francese. In abbigliamento femminile divenne la precettrice e confidente di Elisabetta, aiutandola nella corrispondenza con Luigi XV.
La corrispondenza tra Luigi XV Elisabetta produsse un avvicinamento tra i due: nel 1757 Russia e Francia avevano ormai riallacciato i rapporti diplomatici e nel 1758 firmarono un trattato militare.
La Guerra dei Sette Anni
Nel settembre del 1756 Federico il Grande di Prussia invase la Sassonia, dando così inizio alla Guerra dei Sette Anni. Nell’arco di poche settimane, un’alleanza senza precedenti guidata da Francia, Austria e Russia fu pronta ad attaccare la Prussia e la sua principale alleata: l’Inghilterra. La strategia della Francia consisteva nel convincere Russia e Austria a sostenere il grosso del conflitto sul continente, in modo da poter dedicare tutte le proprie energie a sbaragliare gli inglesi sull’Atlantico.
La guerra generò nuove pressioni e nuove opportunità per la politica del Segreto. D’Eon e Douglas erano in Russia con l’incarico di espandere l’influenza francese, e di riuscire a far affidare al principe di Conti il comando delle truppe russe di stanza in Curlandia. D’Eon e Douglas ricorsero al vecchio ma sempre efficace tipo d’approccio caro a ogni diplomatico di successo: la corruzione. Non solo la Francia offrì all’imperatrice Elisabetta un aiuto finanziario per la partecipazione militare della Russia, ma il cavaliere d’Eon provvide da parte sua a ungere le ruote con sistemi più personali: ordinando del buon vino francese per influenti aristocratici, quali per esempio il vicecancelliere conte Voronzov.
Quando Elisabetta era pronta ad affidare a Conti il comando dell’esercito, la Pompadour, che aveva in antipatia il principe, fece pressioni sul re che ruppe i rapporti con Conti. Pare che Conti aspirasse addirittura al trono di Luigi XV. Il Segreto avrebbe dovuto finire, ma il re lo riorganizzò ponendovi Broglie al comando mentre Eon ricopriva un incarico ufficiale come segretario del capo della delegazione francese. Nel 1757 vennero ripristinate le relazioni ufficiali tra Francia e Russia, con relativo scambio di ambasciatori. Nell’estate di quell’anno, il marchese de l’Hòpital fu nominato ambasciatore francese a San Pietroburgo e d’Eon ne divenne segretario mentre lavorava anche per il conte de Broglie, che in qualità di capo del Segreto impartiva ordini spesso in contrasto con quelli del ministro degli esteri Bernis.
Questa complessa situazione diventava sempre più insopportabile per Bernis, che era ignaro del fatto che Broglie stesse agendo su diretto ordine del re. Bernis ordinò a Broglie di far ritorno a Versailles, ma lui si rifiutò di obbedire all’ordine e scrisse immediatamente al re che solo lui aveva il potere di emanare una simile disposizione. Luigi si schierò dalla parte di Bernis, e Broglie venne esonerato dal suo incarico a Varsavia. Ciononostante, Luigi lasciò Broglie a Versailles in qualità di capo del Segreto, ed ebbe modo di apprezzare i suoi acuti e dettaglia ti rapporti diplomatici.
Instabilità politica francese
Nel corso del 1758 il controllo della Pompadour sulla politica estera francese divenne sempre più serrato. “Svolgeva il ruolo di primo ministro”, scrisse in seguito d’Eon, “e controllava il ministero degli Esteri” in una misura tale che egli la ritenne responsabile della nuova, controversa alleanza siglata con l’Austria. A differenza di Conti, Broglie e Tercier, le cui carriere vennero tutte sabotate dalla fazione Pompadour-Choiseul, d’Eon sembra aver sfruttato con successo il suo duplice ruolo di segretario dell’ambasciatore e di agente segreto. D’Eon lavorò così bene da indurre Elisabetta a offrirgli un posto e un sussidio ove mai egli decidesse di restare per sempre in Russia.
L’inganno che era alla base della politica del Segreto, e di fatto insito nella stessa monarchia, produsse un clima generalizzato di sospetto e sfiducia. I diplomatici venivano regolarmente istruiti a scavalcare i canali regolari e a fare rapporto direttamente al sovrano o a uno dei suoi delegati speciali. E tuttavia, nonostante questo machiavellismo, il Segreto dei Re poté vantare ben pochi successi. In tal modo, esso sembra dunque incarnare i problemi politici dell’intero regno di Luigi XV. Scrivendo nella più liberale atmosfera politica di Londra, un giornalista francese dell’epoca riassunse ciò che molti francesi pensavano ma non osavano dire: “La Francia ha scuole per tutti i tipi di scienze, tranne quella di governo”.
Capitano dei dragoni
Con lo scoppio della Guerra dei Sette Anni, d’Eon si rese conto che la strada migliore per fare carriera era quella di arruolarsi nell’esercito, essendo tradizione per i nobili sfruttare la fama militare per conquistare cariche e sussidi. Il re nominò d’Eon assistente del conte de Broglie, suo ex superiore nel Segreto e a sua volta aiutante di campo di suo fratello. Luigi conferì inoltre a d’Eon il prestigioso grado di capitano dei Dragoni, un corpo speciale dell’esercito.
Allorché d’Eon giunse al fronte nell’estate dei 1762, la Guerra dei Sette Anni volgeva ormai ai termine. Dimostrandosi uno stratega militare di prim’ordine e un audace statista, Federico il Grande di Prussia era riuscito a sopravvivere a sei lunghi anni di battaglie preservando intatta l’integrità dei proprio regno e la Prussia era emersa dalla guerra come una delle grandi potenze d’Europa.
La Francia, benché più forte in armi e denaro, condusse la guerra in modo disastroso e i Broglie ne accusarono la responsabilità. D’Eon sfuggì invece al destino dei suoi protettori: partecipò a una sola battaglia e diede prova di grande coraggio, risaltando agli occhi del ministro della guerra.
Nuove missioni per Eon
Nel 1762 d’ Eon venne scelto per ricoprire l’incarico di ambasciatore in Russia, e ricevette dal ministero degli Esteri una lunga serie di istruzioni diplomatiche. All’improvviso, tuttavia, a pochi giorni dalla partenza, giunse a Versailles la notizia che Pietro III era stato assassinato e che Caterina, la moglie, avrebbe preso il potere. Luigi decise che la situazione russa era troppo instabile per operare un cambio di ambasciatore.
Il ministero degli Esteri preparò subito nuovi piani per d’Eon. Nell’estate del 1762 Choiseul ne aveva ormai abbastanza della guerra navale con l’Inghilterra. Le navi francesi erano imbottigliate nei loro porti, mentre gli inglesi sgominavano i francesi in Canada. Nel frattempo, dall‘inizio della guerra il debito pubblico del governo francese era raddoppiato, raggiungendo i 2,3 miliardi di franchi. Choiseul sapeva bene che per ricostruire l’esercito e risanare 1e finanze del paese aveva bisogno di pace, e così ordinò al persuasivo e affascinante duca de Nivernais di guidare una delegazione di pace affiancandogli d’Eon come segretario. I1 19 agosto del 1762 d’Eon accettò l’incarico, e il 2 settembre partì per l’Inghilterra. Come segno tangibile del proprio apprezzamento, prima della partenza Luigi elargì a d’Eon un dono di 3000 franchi.
La carriera di Eon fu singolare: per quanto l’istituto della protezione fosse necessario per fare carriera nella Francia dell’Ancien Régime, non risulta che i protettori di d’Eon gli abbiano di fatto agevolato la carriera. Il principe de Conti si era polemicamente allontanato dalla monarchia mentre Tercier, che aveva controllato il Segreto dall’interno del ministero degli Esteri, era stato destituito da quell’importante e remunerativo incarico. Nel frattempo, i Broglie erano usciti definitivamente di scena, vilipesi ed esiliati nelle proprie tenute di campagna. Ciò testimonia del suo indiscusso fascino personale e delle sue doti diplomatiche: era gioviale, affidabile, abile come diplomatico ed era molto intelligente.
All’età di 33 anni, d’Eon non aveva sbagliato neanche una mossa al servizio di un re che viceversa aveva sbagliato quasi tutto. E la riprova più clamorosa di ciò la si ebbe con la guerra contro l’Inghilterra. Il conflitto atlantico si rivelò un fiasco completo per la Francia.
Il trattato di pace
Il trattato permetteva alla Francia di ricostituire il proprio potere, e avrebbe di conseguenza portato a una nuova guerra. Il governo britannico aveva già provveduto a fare le sue mosse distribuendo oltre 25.000 sterline tra i membri del Parlamento per assicurarsene il voto; in questo modo il risultato che ne conseguì fu un clamoroso 319 a 65. Alcune questioni ancora irrisolte impedirono di porre la firma alla versione definitiva del trattato, cosicché nel gennaio del 1763 l’ambasciatore francese e d’Eon trascorsero lunghe ore assorti nel compito di limatura delle clausole. La più importante di queste fu la questione di Dunkerque, cittadina portuale francese vicina alla costa britannica. Gli inglesi volevano a tutti i costi impedire che la Francia potesse un giorno lanciare un’invasione da quel porto così vicino alle loro coste, e chiesero ai francesi di raderlo al suolo, rendendovi in tal modo impossibile una presenza navale francese.
Ancora una volta d’Eon aveva lavorato così bene da impressionare i suoi superiori. E ancora una volta il suo successo si accompagnò alle disastrose conseguenze che avrebbero investito la Francia. Il trattato di Parigi, infatti, se da un lato poneva fine a una lunga ed estenuante guerra, dall’altro decretava per la Francia una sconfitta umiliante. La Pompadour pose la questione in termini ben più espliciti: “Credo che sia tutto perduto”.
La Guerra dei Sette Anni fu per la Francia un disastro: Luigi XV pensò seriamente di attaccare direttamente l’Inghilterra, e per questo inviò Eon quale ambasciatore plenipotenziario a Londra per studiare la situazione ed anche i punti migliori di attacco. Riabilitato Broglie, che dopo la guerra disastrosa era stato allontanato, questi aveva continuato ad elaborare piani con il re; oltre ad un attacco all’Inghilterra sperava di corrompere parlamentari inglesi per controllare il governo e far scoppiare una rivolta. Essenso sempre vigente il Segreto, questi piani non dovevano essere a conoscenza dei ministri. Il 17 marzo del 1763 Luigi XV dette il proprio consenso al piano di Broglie.
La croce di San Luigi
D’Eon fu chiamato a Versailles per ricevere i piani e fu insignito anche di un altro grande onore: il conferimento della Croce di San Luigi. Introdotta durante il regno di Lui gi XIV, la Croce veniva comminata direttamente dal sovrano solo ai nobili ufficiali distintisi in guerra per atti di straordinario eroismo e coraggio. Il fatto che venisse conferita a un uomo così giovane accresceva ancor più l’eccezionalità dell’evento. La Croce di San Luigi innalzò inoltre la sua posizione nei ranghi della nobiltà: a partire da quel momento egli sarebbe stato noto come il Cavaliere d’Eon, anziché con il più comune Sieur d’Eon.
D’Eon tornò in Inghilterra ad aprile per iniziare ad assolvere ai propri compiti di ministro plenipotenziario. Il re aveva scelto d’Eon per un progetto del quale solo lui e altre quattro persone in tutto il regno sarebbero state a conoscenza. Ma proprio tale segretezza conferiva a d’Eon un enorme potere occulto. Se il piano fosse stato scoperto, infatti, la posizione dei ministri reali, in particolare quella di Choiseul e Praslin, sarebbe risultata irrimediabilmente compromessa. Cosa ancor più grave, l’Inghilterra avrebbe potuto invadere immediatamente la Francia e distruggerne definitivamente la flotta schierata sulle coste occidentali e meridionali. Difficile dunque immaginare un segreto potenzialmente più esplosivo di quello che nell’estate del 1763 d’Eon teneva custodito nella propria cassaforte londinese.
La mala sorte del Cavaliere d'Eon
Nell’autunno del 1763 d’Eon era ormai considerato da molti esponenti del governo francese un fuorilegge, e aveva buoni motivi di temere per la propria vita. Lungi dal sognare un qualche futuro posto ministeriale, si sarebbe accontentato semplicemente di sopravvivere. La sua carriera politica era giunta repentinamente al termine. Negli anni seguenti avrebbe vissuto in Inghilterra non da diplomatico, ma da esiliato.
Ciò che accadde nel corso dell’estate del 1763 rimarrà sempre una sorta di mistero. Sotto molti aspetti, la caduta politica di d’Eon è un enigma addirittura maggiore del cambiamento di sesso avvenuto dieci anni dopo.
Il suo lavoro consisteva nel negoziare vari aspetti connessi al trattato di Parigi, in particolare lo scambio di prigionieri in Canada e la distruzione del porto di Dunkerque.
D’Eon fu più di un negoziatore: egli si considerava anche un intellettuale e uno scrittore, e le sue ricche e approfondite analisi dei rapporti internazionali erano molto apprezzate in patria.
Una spia dispendiosa per il governo
In un’epoca nella quale le informazioni politiche più importanti restavano strettamente confidenziali ed erano discusse nei circoli sociali più esclusivi dai quali la stampa era tenuta alla larga, un diplomatico doveva necessariamente procurarsi i contatti giusti. Ovviamente, il governo francese conosceva bene tale stato di cose, e incoraggiava dunque i diplomatici a condurre uno stile di vita che permettesse loro di stringere amicizie tra gli esponenti politici più potenti del paese. D’Eon aveva quattro cuochi, cinque aiutanti di cucina, quattro maggiordomi e tre cocchieri. Se il governo francese desiderava trovare un’entratura nel parlamento inglese o addirittura condizionarlo, era indispensabile che d’Eon intrecciasse buoni rapporti con i suoi leader.
Amato dai potenti inglesi
Allorché assunse le mansioni di ambasciatore, d’Eon viveva a Londra già da otto mesi, e la sua vita sociale scorreva già sui giusti binari. In poco tempo egli era diventato uno dei protagonisti della vita sociale londinese.
Allorché il 3 luglio 1763 mostrò a Giorgio III le credenziali di ministro plenipotenziario, d’Eon era già conosciuto presso la corte reale e tra i membri più influenti del Parlamento.
D’Eon era un grande conversatore, di ingegno fine e pronto, nonostante la scarsa conoscenza dell’inglese. Tra le armi di seduzione dei potenti che Eon aveva tra le sue mani c’era il vino di Tonnerre, il vino della sua terra, molto apprezzato e che regalava a profusione spendendo grosse cifre.
Non sappiamo di preciso quanto vino d’Eon abbia acquistato nel 1763; sappiamo però che fu comunque una quantità sufficiente a far infuriare il primo ministro britannico, George Grenville. I governi erano infatti soliti esentare dalle comuni tasse e tariffe doganali i beni importati dai diplomatici per il consumo personale. Ma d’Eon iniziò a importare tanto di quel vino a Londra che il governo Grenville minacciò di imporvi le tasse. Soltanto il baccano sollevato da d’Eon dinanzi a tale prospettiva convinse il governo a un riluttante dietro front.
Eon e il nuovo ambasciatore
La Francia del diciottesimo secolo era il Paese più potente del mondo, ma il governo stava diventando povero tanto da dover chiudere la borsa per parecchie questioni. Inoltre, esisteva il pericolo quanto mai concreto che lo stato dichiarasse bancarotta.
D’Eon non solo spendeva tutto il denaro del governo che poteva, ma chiedeva anche ai suoi superiori di anticipargliene ancor più. Oltre a stringere la borsa, nel 1763 il ministro degli esteri lo informò che sarebbe giunto a Londra il nuovo ambasciatore plenipotenziario, di fatto destituendo d’Eon. Il cavaliere non fu affatto contento di questo.
Allorché vennero a sapere della crescente tensione tra d’Eon e il ministero degli Esteri, le spie coinvolte nel Segreto iniziarono a temere che d’Eon potesse mettere a repentaglio il buon esito dell’intero progetto. Dopo un fitto scambio di lettere tra d’Eon e i consiglieri del re per cercare di convincerlo con le buone, il 4 ottobre del 1763 Praslin emanò l’ordine di richiamo per il principe, il quale avrebbe dovuto presentare la lettera ufficiale di congedo a Giorgio III e quindi lasciare l’Inghilterra subito dopo l’arrivo del nuovo ambasciatore, il conte de Guerchy, che era in procinto di lasciare Parigi. D’Eon si sarebbe quindi dovuto recare direttamente a Versailles. Il significato di questa secca missiva era chiaro: d’Eon veniva licenziato; la sua carriera politica era conclusa. Nella migliore delle ipotesi, sarebbe stato esiliato come il suo protettore, il conte de Broglie.
La situazione di Eon precipita
Il piano segreto con l’Inghilterra sarebbe caduto, e ne fu informato il re. La risposta di Luigi fu perentoria: la condotta di d’Eon era assolutamente inaccettabile. Nessuno poteva agire in modo così insolente nei confronti dei ministri del re.
Il nuovo ambasciatore, il conte de Guerchy, giunse alfine a Londra i1 17 ottobre 1763. Allorché incontrò d’Eon, gli ripeté le istruzioni contenute nell’ordine di richiamo. Sorprendentemente, d’Eon ignorò tali ordini e replicò a Guerchy che, essendo stato nominato ministro plenipotenziario direttamente dal re, avrebbe accettato soltanto un richiamo proveniente dalla medesima fonte.
Il rifiuto di d’Eon di obbedire all’ordine di richiamo emanato dal ministro degli Esteri lo pose dal punto di vista del governo in una categoria completamente nuova, facendone un fuorilegge a tutti gli effetti, passibile dell’accusa di tradimento. La cosa più incredibile di tutta questa vicenda è la sua assoluta futilità. Alla gran parte degli osservatori dell’epoca la posta in gioco apparve una misera questione personale di onore e di amor proprio, anziché di stato. Perché, dunque, d’Eon insisteva a sfidare l’ira del ministro degli Esteri? Perché continuava a cercare lo scontro aperto
Fuorilegge in patria
Nei salotti di Londra e Parigi la spiegazione più comune fu la follia. Bisogna rammentare che in questa situazione però lo aveva messo il governo stesso. In quanto membro del Segreto si sentiva superiore ai ministri, e in quanto patriota ben vedeva che sarebbe stato meglio qualche ambasciatore del mandato del governo. Il ruolo di d’Eon nel Segreto gli forniva la forza psicologica e il potere politico di rintuzzare gli attacchi.
Luigi XV, sempre più preoccupato per la sorte delle sue istruzioni autografe custodite da d’Eon, decise di prendere iniziative per rientrane in possesso. Ne rivelò l’esistenza al nuovo ambasciatore Guerchy chiedendogli di impossessarsene ad ogni costo. Inoltre fu richiesta l’estradizione di d’Eon dall’Inghilterra.
Il governo britannico iniziò a discutere della vicenda in segreto ai massimi livelli. D’Eon era una figura popolare a corte, e il re Giorgio III manifestò per questa storia un vivo interesse. Nel novembre del 1763, dopo una serie di interminabili discussioni, il ministro degli Esteri britannico, Lord Halifax, decise che non avendo d’Eon infranto alcuna legge ed essendo l’Inghilterra un paese libero, egli poteva benissimo restare. Halifax tuttavia sostenne che d’Eon doveva essere trattato come un privato cittadino senza privilegi diplomatici, quali per esempio inviti a cerimonie reali.
Se gli inglesi non intimorivano il cavaliere, lo facevano però i francesi. Essi avrebbero certamente tentato di rubargli i documenti, di rapirlo o finanche assassinarlo. Nel corso dei mesi successivi, Praslin e Choiseul tentarono infatti svariate volte di organizzare il rapimento e l’arresto di d’Eon.
In quel periodo un personaggio molto noto, Vergy,spia di Guerchy, sfidò a duello d’Eon; ma quando il nostro eroe raccontò l’accaduto a una cena in casa di Lord Halifax, il ministro inglese lo trattenne finché lo convinse a firmare un affidavit nel quale prometteva di rinunciare al duello con Vergy.
In seguito a un tentativo di avvelenamento, d’ Eon prese misure di sicurezza ancora più strette rinchiudendo gli scritti del Segreto al sicuro dentro una cassaforte di ferro.
Nuovi guai per il cavaliere
La situazione con il governo francese peggiorò notevolmente con gli attentati contro d’Eon, che per conseguenza decise di pubblicare alcune lettere personali. A dispetto del governo francese questa pubblicazione ebbe molto successo in Inghilterra e d’Eon divenne molto famoso e apprezzato. D’Eon non pubblicò nessuna lettera del consiglio segreto, lasciando però intendere che se il governo francese non cambiava strategia poteva accadere di tutto.
D’Eon divenne un incubo per il governo di Luigi XV. Le lettere scandalizzarono molto anche re Giorgio di Inghilterra, ma non si poteva punire d’Eon senza che avesse commesso un reato, né lo si poteva consegnare al governo francese.
Eon si difende dal governo francese
Forse la cosa più difficile da capire, per i francesi, era l’incapacità di un re inglese di estradare in Francia un cittadino francese. Nel corso di una cena a Parigi, Broglie parlò per ore con David Hume sul perché il governo britannico non potesse semplicemente deportare d’Eon. In Francia, sostenne Broglie, nulla poteva ostacolare la volontà del re in una questione di tal genere. Il famoso filosofo rammentò a Broglie che in Inghilterra il re non era sovrano: sovrane erano le leggi, e se da un lato chiunque vivesse in Inghilterra era soggetto a tali leggi, dall’altro nessuno poteva essere arrestato contro la sua volontà a meno che non esistesse la prova che qualcuna di tali leggi fosse stata violata.
Nel frattempo, Luigi XV non ne poteva più e decise di denunciarlo per calunnia; nel frattempo preparava un piano per rapirlo e portarlo in Francia. D’Eon venne denunciato per calunnia nei confronti dell’ambasciatore, e si procedette con il processo. Al contempo, però, un certo Very scrisse un phamplet in cui accusava il ministro francese di aver cercato di assassinare d’Eon.
Il complotto contro Eon
Nella sua testimonianza, Vergy indicò nel ministro degli Esteri Praslin il capo del complotto ordito ai danni di d’Eon, sostenendo che nel corso di una riunione tenuta a Parigi, Praslin gli aveva detto che d’Eon doveva essere rimosso dall’incarico e che Vergy sarebbe diventato il nuovo segretario di Guerchy. Vergy confermò la storia di d’Eon a proposito dell’avvelenamento. Non solo: il 28 ottobre del 1763 Guerchy aveva tentato di far avvelenare d’Eon durante un pranzo, ma una volta fallito tale tentativo l’ambasciatore aveva presumibilmente ordinato a Vergy di assassinare d’Eon, ordine che Vergy sostenne di essersi rifiutato di eseguire.
La confessione di Vergy scagionava d’Eon dall’accusa di calunnia mossagli da Guerchy, restituiva credibilità alle sue vecchie denunce di tentato omicidio ai suoi danni, nonché, cosa altrettanto importante, dimostrava, senza rivelare alcunché del Segreto, che la contesa tra d’Eon e Guerchy affondava le sue radici nella lotta di potere in atto tra Praslin e i Broglie.
Il nuovo colpo messo a segno da d’Eon apparve evidente allorquando, meno di un mese dopo aver ricevuto questa lettera, Broglie convinse il re a stanziare 1200 sterline per d’Eon, e i negoziati per una riconciliazione con d’Eon continuarono a un ritmo più intenso. Verso la fine del 1764, il re acconsentì alla richiesta di d’Eon che fosse lo stesso Broglie ad attraversare la Manica e a negoziare direttamente con lui.
D’Eon avanzò sei specifiche richieste per risolvere la propria situazione: primo, un incontro ufficiale con il re e la regina d’Inghilterra nel corso del quale egli potesse dimettersi dall’incarico di ministro plenipotenziario in modo onorevole; secondo, l’avvio di un procedimento giudiziario contro il conte de Guerchy con l’accusa di tentato omicidio; terzo, la revoca del processo intentato contro di lui con l’accusa di calunnia; quarto, il riconoscimento dei propri titoli e la garanzia di un trasferimento senza pericoli in Francia; quinto, la somma di 30.000 sterline (oltre 650.000 franchi francesi) per pagare i debiti.
Atto d’accusa
Il governo britannico mosse dunque denuncia contro Guerchy per il complotto ai danni del cavalliere. Per i francesi, ogni singola parola dell’atto d’accusa suonava come un insulto: che il rappresentante ufficiale del re di Francia potesse essere processato con l’accusa di tentato omicidio appariva una palese violazione del diritto di immunità diplomatica. David Hume spiegò ancora una volta a Broglie come il sistema politico inglese fosse diverso da quello francese. In Inghilterra le leggi erano immutabili. Se una legge veniva violata il governo aveva il dovere di perseguire il colpevole, indipendentemente dal suo status. A differenza della Francia, il cui Ancien Régime era fondato sulla nozione di privilegio (letteralmente “diritto privato”), in Inghilterra nessuno, almeno in teoria, era al di sopra della legge.
L’opinione pubblica inglese si spaccò in due. Da un lato Giorgio III e i suoi ministri furono imbarazzati dall’atto d’accusa, considerandolo un inutile insulto a Luigi XV. Essi provvidero immediatamente a togliere la competenza del caso alla corte di giustizia e a passarla al “Banco del Re”, la Corte suprema presieduta dall’alto magistrato Lord Mansfield, dopodiché chiesero l’archiviazione del caso con un “noli prosequi”. Il procuratore generale decise tuttavia che le prove a carico di Guerchy erano troppo schiaccianti perché la corte potesse agire in tal senso. Non solo c’era l’importante testimonianza di Vergy, ma il valletto di Guerchy, colui che avrebbe versato l’oppio nel vino di d’Eon, era fuggito per paura di essere incriminato, in tal modo compromettendo ancor più la posizione di Guerchy.
L’opposizione parlamentare intendeva sfruttare ovunque possibile il sentimento antifrancese. Un processo avrebbe secondo loro evidenziato l’atteggiamento dispotico del regime di Choiseul perfino nei confronti dei propri sudditi. Le classi lavoratrici di Londra manifestavano in piazza a favore del loro paladino d’Eon vittima dei potenti. In un’occasione essi presero d’assalto la carrozza di Guerchy con un fitto lancio di pietre, quasi uccidendolo. Il processo a Guerchy non fu revocato, il pubblico ministero se ne stette semplicemente zitto. E ovviamente, la denuncia di Vergy mise nel dimenticatoio anche il processo per calunnia contro d’Eon.
Dopo il 1763 Luigi XV era ormai convinto di due cose riguardo all’Inghilterra: primo, che essa era ormai divenuta la maggiore rivale della Francia in Europa e che la prosperità della Francia sarebbe dipesa in buona misura dal declino dell’Inghilterra; secondo, che il sistema politico inglese, oberato da una battagliera opposizione e da un’opinione pubblica aggressiva, prestava il fianco a una forte instabilità e forse anche a una rivoluzione. Con l’ascesa e la caduta di ben sette primi ministri, gli anni Sessanta furono il periodo più tumultuoso di tutto il secolo. Nel 1765 Luigi mutò strategia: dopo aver cercato invano di liberarsi di d’Eon si convinse che egli fosse tanto addentro alle questioni inglesi e fuori dai sospetti che conveniva lasciarlo a Londra in qualità di spia. Entro la primavera del 1766 Broglie era riuscito a imbastire tra d’Eon e il re un accordo segreto accettabile per ambo le parti.
Decreto reale del I aprile 1766
Quale ricompensa per i servigi a me resi da Sieur d’Eon in Russia come anche nei miei eserciti e in altri incarichi da me conferitigli è con piacere che gli elargisco un sussidio annuale di 12.000 franchi che gli pagherò esattamente ogni sei mesi in qualunque paese egli risieda, a eccezione di un paese in guerra contro di me, e fino a quando deciderò di nominarlo a un qualche ufficio i cui benefici siano più considerevoli di quelli attuali.
Versailles, questo 1 aprile 1766
firmato: Luigi
Io, il sottoscritto, Ministro Plenipotenziario del Re in questa corte, certifico sul mio onore che la suddetta promessa è stata scritta e firmata dal Re, mio signore, di suo pugno, e che egli mi ha ordinato di consegnarla a M. D’Eon.
Londra, l’11 luglio 1766
firmato: Durmand
Nuove missioni per il cavaliere
Nonostante l’incertezza sull’identità sessuale di d’Eon, o forse proprio a causa di essa, Broglie e Luigi XV desideravano tuttavia che d’Eon restasse esattamente dov’era. Per quanto potesse essere diventato un problema per la Francia, il cavaliere d’Eon restava sempre un utilissimo corrispondente da Londra. Nel suo lungo soggiorno in quel paese, d’Eon era diventato un protagonista della scena politica e sociale londinese, invitato non solo alle migliori soirées, ma a volte anche a importanti riunioni politiche. E poi c’erano sempre i suoi strettissimi rapporti con John Wilkes, ancora una delle figure politiche più influenti del paese.
D’altro canto, Broglie non poteva neanche permettersi di ignorare le richieste di d’Eon. Se avesse pensato che non ci fosse alcuna speranza di riabilitazione, d’Eon avrebbe potuto vendere i documenti in suo possesso agli inglesi o a qualche altro paese, per esempio alla Polonia o alla Spagna. Nel corso del 1773, lo stesso d’Eon aveva sostenuto di aver rifiutato simili offerte. E così, Broglie continuò a tenere d’Eon sulla corda. Gli scriveva che il re voleva giungere a un qualche tipo di riconciliazione, ma ogni qual volta d’Eon ne specificava i termini, questi venivano puntualmente respinti.
Morande, Luigi XV e la du Barry
Per dimostrare la fiducia verso d’Eon gli assegnarono una missione delicata per il re. Lo scrittore francese Charles Thévenau de Morante aveva appena finito di scrivere una velenosa biografia dell’amante del re, Madame du Barry, e minacciava di pubblicarla a Londra. Erano anzi già state stampate 6000 copie del libro e in procinto di essere distribuite nelle librerie. La missione di d’Eon era semplice e chiara: convincere Morande a distruggere il libro.
Mme du Barry non aveva ancora trent’anni allorché divenne l’amante del re nel 1768, circa quattro anni dopo la morte di Mme de Pompadour. Sebbene di indubbia bellezza, il suo passato sembrava dovesse escluderla dalla corte di Versailles. Di estrazione popolare, si era fatta assai giovane una dubbia reputazione come commessa di negozio a Parigi; quindi, una volta allacciati i giusti con tatti tra l’aristocrazia, era divenuta una sorta di bene di scambio per i favori che i nobili erano soliti contraccambiarsi.
Morande era conosciuto come uno degli scrittori più temuti di Francia. Era nato a due passi dalla Tonnerre di d’Eon, il quale confessò a Broglie che le famiglie si conoscevano, ma che Charles era sempre stato una specie di pecora nera. Trasferitosi a Parigi, Morande trascorse buona parte del proprio tempo nei bordelli, finendo oltre i confini della legge. La polizia lo tenne sotto controllo, finché, nel 1768, lo rinchiuse nella Bastiglia. Rilasciato un paio d’anni dopo, emigrò prima in Olanda, quindi in Inghilterra, dove rimase fino alla rivoluzione, scrivendo articoli contro il governo francese.
Negli anni settanta divenne famoso per i sui scritti, e questa nuova biografia di Jeanne du Barry sarebbe stata certamente una bomba.
A differenza della Pompadour, per la quale provava una forte antipatia, d’Eon non aveva mai “avuto l’onore di conoscere o di vedere” la contessa du Barry, ma allorché l’opinione pubblica prese a scagliarsi contro il re, d’Eon si erse in sua difesa. “A me”, disse a Broglie, “basta sapere che il re la ama”. Inoltre, si trattava di “una donna giovane e bella” e se quello era ciò che il re voleva, che così fosse. Pur avendo molti motivi per condividere l’odio di Morande per la Francia e sebbene si fosse anch’egli dilettato a sollevare vecchi scandali, in questo frangente d’Eon desiderò vivamente dimostrare la propria fedeltà a Luigi XV prendendo le distanze da Morande.
Dopo vari tentativi di avvicinare Morande, alla fine d’Eon tentò di giustificare il proprio comportamento adducendo problemi economici. Se Morande era in vendita poteva essere comprato, e il caso poteva essere brillantemente risolto. Né ideologo, né aspirante filosofo radicale, Morande era semplicemente un affarista borghese deciso a fare soldi.
Occorsero alcuni mesi prima che si raggiungesse un accordo preliminare. Infine, il re ordinò a un altro agente segreto di partire per Londra con i fondi necessari per acquistare il manoscritto e tutte le copie stampate del libro di Morande.
Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais
Questi era uno dei personaggi più coinvolgenti e tipici del periodo rococò. Figlio di un orologiaio, imparò il mestiere del padre talmente bene da inventare un meccanismo di scappamento che in breve divenne un componente essenziale nella produzione di un nuovo e più moderno tipo di orologio. Fu anche una specie di letterato, diventando famoso per Il barbiere di Siviglia (1775) e Il matrimonio di Figaro (1781). Pierre Augustin Caron de Beaumarchais si fece strada nei salotti aristocratici, sposò una ricca nobildonna e divenne ricco a sua volta, ma diverse cause in tribunale lo costrinsero a cercare la protezione del re, che lo mandò a concludere la vicenda con Morande e d’Eon. Il governo francese acconsentì ad acquistare il manoscritto e tutte le copie stampate della biografia della du Barry per la somma di 32.000 franchi più un vitalizio annuo di 4000 franchi. Si trattava di una somma enorme, ben maggiore di quella che Morande avrebbe ricavato dalla vendita del libro.
Nel riferire a Luigi l’esito delle conversazioni con Morande, d’Eon colse naturalmente l’occasione per perorare anche la propria causa. Ma le cose andavano meglio per il furfante Morande che per d’Eon. Ecco un uomo, pensava d’Eon, che confondeva patriottismo e pornografia, degradando sia l’amore che la politica. E tuttavia il governo francese sembrava ricompensarlo per le sue azioni, mentre il “buon patriota” d’Eon, agente segreto di Luigi XV, veniva praticamente ignorato da quello stesso sovrano. Vista la situazione grottesca in cui il governo francese si muoveva, d’Eon incominciò ad ammirare Morande e detestare l’ancien regime. Sembra che a un certo punto dei negoziati relativi al libro di Morande, d’Eon avesse confidato a Morande di essere una donna.
È probabile che d’Eon abbia rivelato la propria condizione a Morande per lo stesso motivo che lo aveva indotto a farlo con altri nel 1770 e 1771: voleva che la storia divenisse di dominio pubblico. Possiamo immaginare che egli abbia pensato che quanti più cittadini inglesi e francesi lo avessero creduto una donna, maggiore sarebbe stata la pressione sul governo a risolvere la sua situazione politica.
Il 28 aprile del 1774 Luigi si ammalò e due settimane dopo morì. Fino a quel momento, l’intera carriera di d’Eon era stata nelle mani di questo sovrano. Ora tutto veniva improvvisamente a cambiare, nulla più appariva stabile o prevedibile. Cosa avrebbe deciso di fare il giovane nipote di Luigi riguardo a d’Eon, nessuno poteva dirlo; adesso, tuttavia, d’Eon vedeva quantomeno schiudersi nuove possibilità di risolvere la propria situazione.
Il Cavaliere d'Eon diventa donna
Nel 1770 si sparse la voce che il cavaliere d’Eon fosse una donna. Le prime indiscrezioni circolarono nei circoli dei gaudenti e dell’alta società, tra St. James’s e Westminster. La prima indicazione scritta al riguardo di cui siamo in possesso proviene dal re di Francia in persona. “Sapete”, scrisse Luigi XV nell’ottobre del 1770 a uno dei suoi generali, “che M. du Chàtelet è convinto che d’Eon sia una ragazza?”.
Chàtelet era il nuovo ambasciatore francese in Inghilterra: di certo non era stato lui, che lo conosceva poco, a spargere tale voce.
La notizia appare anche nella corrispondenza tra due celebrità dell’aristocrazia, Horace Walpole e la salonnière francese marchesa du Deffand che scrisse: “Quasi dimenticavo di dirvi che M. d’Eon è una donna”, aggiungendo quindi a mo’ di postilla: “Questo è quanto si dice”.
Anche un’altra salonnière, Louise d’Epinay, riferisce l’indiscrezione a un amico, il filosofo italiano abate Galiani: Sapete che grossa sciocchezza m’hanno appena raccontato? Si tratta di un certo numero di lettere provenienti dall’Inghilterra nelle quali si dice che d’Eon, che vive lì da sempre, sia una donna, una vera donna. Notate, vi prego, la consistenza delle prove: Primo, i suoi amici non ne sanno nulla perché non lo hanno mai visto vestirsi. Prima prova. La sua lavandaia lo sa per certo perché dice che così è. Seconda prova. Lo dicono tutti. Prova finale e incontestabile!
La notizia fa vendere
La storia fece la sua apparizione sui giornali londinesi. I giornalisti londinesi capirono che questa era una notizia d’oro, e le voci sul sesso di d’Eon sarebbero continuate ad apparire a intervalli regolari per svariati mesi, anzi per anni. Gli uomini d’affari, ancor più competitivi, ne fecero un business organizzando scommesse. Il primo giovedì di marzo del 1771 gli scommettitori davano tre a due che d’Eon fosse un uomo, sebbene già il giorno dopo gli allibratori lo dessero solo “alla pari”. Secondo una fonte, in un solo giorno - il 15 marzo - furono scommesse 800 sterline “alla posta suindicata”. Il più delle volte, le scommesse più forti venivano effettuate non in denaro contante, ma con assicurazioni sulla vita usate come garanzia. Un giornale affermò che nel maggio del 1771 tale somma aveva raggiunto le 60.000 sterline.
Le scommesse
A queste notizie d’Eon divenne furioso, non tanto perché potesse essere considerato donna, ma per il fatto che si scommettesse pubblicamente sul suo sesso.Sabato 23 marzo d’Eon si recò nelle locande circostanti la Borsa Valori. Vestito nella sua uniforme di capitano dei Dragoni, ed esibendo un costoso bastone da passeggio, egli trovò un banchiere di nome Bird, che sembrava fosse stato il primo ad aver organizzato un giro di scommesse. D’Eon lo sfidò seduta stante a duello e annunciò che lo stesso avrebbe fatto con chiunque avesse osato scommettere su di lui. Nessuno degli stupefatti uomini d’affari seduti a bere in questi caffé raccolse la sfida. Lo stesso Bird si scusò, rammentandogli con molto tatto come in Inghilterra fosse perfettamente legale fare scommesse su chiunque a eccezione del re, della regina e dei loro figli.
A maggio, il solo Lloyd’s Coffee House aveva raccolto scommesse per un totale di 6000 sterline. Le sue sfide a duello avevano un che di ridicolo, di donchisciottesco. La borghese Londra non era l’aristocratica Parigi: gli uomini d’affari non si vergognavano affatto di sottrarsi al duello, soprattutto nel momento in cui c’era la possibilità che d’Eon fosse una donna.
D’Eon teme per la propria incolumità fisica
Nessuno degli scommettitori sarebbe stato pagato fino a quando il sesso di d’Eon non fosse stato definito pubblicamente e senza ambiguità. Poiché si rifiutava di andarsene in giro per Londra nudo o di palesare in qualunque altro modo la propria sessualità, egli iniziò a temere di poter essere rapito da criminali assoldati da qualche uomo d’affari intenzionato a intascare la propria vincita. Il caso d’Eon divenne clamoroso: tutti volevano sapere e conoscere ogni suo movimento. Si ipotizzò addirittura che fosse incinta, mentre il mercato finanziario delle polizze assicurative andò in subbuglio.
Il 29 giugno d’Eon si recò al municipio di Londra per firmare una deposizione scritta dinanzi al sindaco. D’Eon giurò che egli non aveva “mai avuto e mai avrò alcuna parte, diretta o indiretta, nelle polizze di assicurazione accese in relazione alla mia persona”. Giurò di non aver mai ricevuto alcuna somma di denaro da chicchessia in relazione a tali scommesse, né di aver mai discusso con alcuno di tale possibilità. Infine giurò di aver intrapreso un viaggio di sua iniziativae non per causare speculazioni finanziarie. Curiosamente d’Eon non si pronunciò in relazione al proprio sesso, causa originaria di tutti i suoi guai.
Ovunque andasse veniva seguito; non appena veniva riconosciuto si formavano capannelli di gente; la stampa continuava a pubblicare orribili pettegolezzi sul suo conto. Nel luglio del 1771 Washington Shirley, il quinto conte di Ferrers, invitò d’Eon a trascorrere un lungo soggiorno della sua tenuta di campagna di Staunton-Herald, nel Leicestershire, a circa sei chilometri e mezzo da Derby.
Continua il suo ruolo di spia
D'Eon era ancora una spia di Luigi XV, e in questi primi mesi del 1772 sembrava che per le spie ci fosse un mucchio di lavoro. D’Eon aveva sentito parlare di un complotto scozzese mirante a impedire, una volta deceduto il re Giorgio III, l’ascesa al trono degli Hanover. D’Eon scrisse immediatamente al conte de Broglie, informandolo di quanto era venuto a sapere. Egli avvertì il re che la faccenda era “di tale importanza” da richiedere l’invio immediato del suo segretario, Jean Drouet, a Londra per accertarne la veridicità. Broglie istruì Drouet a investigare a fondo anche l’altra voce che circolava a Londra, quella relativa al sesso di d’Eon.
Drouet al ritorno confermò sia l’informazione di d’Eon circa un complotto ai danni degli Hannover sia che il cavaliere era una donna. Drouet spiegò come d’Eon gli avesse confidato il proprio segreto in via strettamente confidenziale: “se si fosse venuto a sapere, il suo ruolo sarebbe venuto meno”. A partire da questo momento, il governo francese fu convinto che d’Eon fosse una donna e fino alla sua morte (1810) Luigi XVI, i rivoluzionari francesi, Napoleone, tutti i protagonisti della vita politica del paese dettero per scontata la condizione di donna di d’Eon.
Il perchè delle voci e della questione
Le voci sul sesso di d’Eon non nacquero perché fu scoperto a vestirsi da donna: le origini della trasformazione sessuale di d’Eon non avevano nulla a che vedere col travestitismo, o con qualche episodio di tal genere. D’Eon non avrebbe indossato abiti femminili fino al momento in cui vi fu costretto dal re una volta tornato in Francia nel 1777. L’origine delle dicerie sul suo sesso sono state create da d’Eon stesso, confidandole ad amici intimi in modo che la voce circolasse. Confessioni che amici riferirono ad altri amici e superiori fino a quando tale “segreto” non trapelò sugli organi di stampa. Negli anni Sessanta del secolo d’Eon era diventato un maestro nell’arte di far trapelare segreti diplomatici e politici. Perché il piano funzionasse, d’Eon doveva recitare la parte della vittima. Il piano di d’Eon era probabilmente nato dai suoi risentimenti verso un governo che lo usava, non lo lasciava tornare in patria e non gli pagava il dovuto.
D’Eon sperava di mettere fine al proprio ruolo di disonorata spia francese in esilio e tornare in Francia con dignità e onore. Trasformarsi in donna avrebbe potuto servire a raggiungere questo obiettivo. Se agli occhi dell’opinione pubblica d’Eon fosse stato visto non come un truffatore, ma come un’eroina vestitasi da uomo per compiere atti patriottici al servizio del re Luigi XV, tale giudizio avrebbe potuto fornire a d’Eon il biglietto di ritorno in Francia. Egli sapeva che il governo avrebbe cercato di estrometterlo dal Segreto non appena il suo status di donna fosse stato reso noto, e scommise sul fatto che esso non avrebbe rischiato di lasciarlo in Inghilterra, dove gli inglesi avrebbero potuto utilizzarlo come loro spia. In caso di fuoriuscita dal Segreto, pensava, sarebbe stato richiamato in Francia.
Una volta tornato in patria, Luigi XV avrebbe potuto revocargli i sussidi o finanche rinchiuderlo nella Bastiglia. Ma visti i segreti di stato di cui egli era a conoscenza, una tale soluzione appariva altamente improbabile, soprattutto nel momento in cui il governo e tutti gli altri andavano esaltando la sua identità femminile. Farsi passare per una donna apparve dunque a d’Eon un sistema efficace per risolvere molte delle difficoltà politiche nelle quali si dibatteva.
Il Cavaliere d'Eon e Luigi XVI
La morte di Luigi XV fu accolta con gioia: il suo regno aveva segnato l’inizio della decadenza francese e aveva registrato parecchi insuccessi in politica internazionale.
Dopo solo tre giorni dalla morte di Luigi XV, il conte de Broglie scrisse al nuovo sovrano un promemoria nel quale riepilogò la storia del Segreto, facendo notare come fosse nato per iniziativa del principe de Conti e sottolineando il difficile rapporto con il ministero degli Esteri. Un secondo rapporto spiegò al giovane re anche la questione di d’Eon.
Sciolto il segreto
Luigi XVI fu allibito da quanto lesse: ordinò a Broglie di bruciare tutta la corrispondenza segreta in suo possesso e di mettere fine al Segreto. Questo fu chiuso ma i documenti non furono bruciati: senza di essi, molti rappresentanti dello stato francese non avrebbero avuto alcun modo di difendersi dalle accuse che sarebbero potute nascere nei salotti, a corte o sulla stampa. Il nuovo sovrano capì che d’Eon rappresentava un problema, sia per il suo status politico di fuorilegge rifugiato in Inghilterra, sia per i segreti di stato in suo possesso. La soluzione prevista era semplice: il re era disposto a corrispondere a d’Eon un vitalizio annuo e a farlo tornare in Francia, dove non sarebbe stato considerato un fuorilegge e avrebbe goduto della protezione del re. In cambio, d’Eondoveva restituire i documenti segreti, compreso il promemoria di Luigi XV del 3 giugno 1763, e doveva promettere di non fare nulla che potesse danneggiare la famiglia del conte de Guerchy, antico nemico di d’Eon, morto nel 1767. In questo piano non si accennava minimamente alla questione del sesso.
Il problema Eon
D’Eon respinse il piano per strappare condizioni migliori a un re giovane e ancora inesperto tirando su il prezzo, e d’altro canto non fece male, considerati i guai che aveva passato e le spese che dovette affrontare. Ma naturalmente tutti rimasero disgustati dal comportamento di d’Eon che mercanteggiava.
Luigi XVI si dimostrò più risoluto del nonno: o d’Eon sarebbe stato riabilitato, o sarebbe stato tagliato fuori per sempre dalla madrepatria. Tuttavia il giovane re voleva concludere, e nell’aprile del 1775 ordinò a Beaumarchais di tornare a Londra e negoziare con d’Eon.I due diffidavano l’uno dell’altro; Beaumarchais aveva messo in guardia un ministro contro l’inaffidabilità di d’Eon: “Il segreto di d’Eon è ingannare quelli che vogliono intrappolarlo, rubare il loro denaro e restarsene a Londra”.
I negoziati furono incentrati su tre temi di fondo: denaro, riabilitazione politica, e identità sessuale di d’Eon che chiedeva di essere riconosciuto come donna. Egli sapeva che il re avrebbe avuto delle reticenze a soddisfare la richiesta, in quanto avrebbe fatto apparire la monarchia compartecipe di un atto fraudolento. Il sovrano poteva anche ignorare le trasgressioni di una nobildonna, ma non poteva certo perdonarle ufficialmente.
D’Eon sapeva che tutti i principali esponenti del governo credevano che fosse una donna travestitasi per anni da uomo al fine di intraprendere la carriera politica. Tutto ciò che ora doveva fare era dimostrare loro che la causa originaria del suo supposto travestitismo non fosse da addebitare a lui, ma bensì ad altri, in particolare a suo padre e a Luigi XV. Per riuscire a ottenere dal negoziato con Beaumarchais il riconoscimento reale del proprio status di donna, d’Eon inventò due storie di importanza cruciale per comprendere la sua vita.
Primo: egli creò la leggenda della sua nascita e della sua infanzia, e cioè che fosse nata femmina ma poi educata come un ragazzo dal padre che aveva sempre desiderato un figlio maschio. A causa di un’eredità usufruibile solo qualora avessero avuto un figlio maschio, la madre di d’Eon aveva ceduto ai desideri del suo dispotico marito.
Secondo: il racconto del suo ingresso nella carriera diplomatica. D’Eon fece credere che, quando a metà anni Cinquanta il principe de Conti gli chiese di compiere una missione diplomatica segreta in Russia, questi sapesse bene che egli era una donna e gli avesse ordinato di riassumere nel corso di tale missione la propria identità femminile.
Eon vuole esser donna
Attribuendo al suo supposto travestitismo un fine pratico e patriottico, d’Eon sperava di offrire al governo la giustificazione necessaria per la sua riabilitazione pubblica come donna. La storia da lui inventata, certo non più stravagante della stessa verità, avrebbe rafforzato la sua immagine di eroina, di moderna Giovanna d’Arco.
Il governo era disposto a riconoscere d’Eon come donna, ma non avrebbe potuto rilasciare al riguardo alcuna dichiarazione pubblica: sarebbe stato ridicolo per entrambe le corti. Sulla questione del denaro il governo avrebbe continuato a versargli il sussidio di 12.000 franchi senza trasformarlo in rendita personale, ma si disse disposto a pagare parte dei suoi debiti.
Ecco il piano firmato dal re: d’Eon avrebbe consegnato la corrispondenza segreta a Beaumarchais; avrebbe mantenuto il più stretto riserbo sul conte de Guerchy e sui membri della sua famiglia; sarebbe dovuto tornare in Francia quanto prima. In cambio, il re accolse alcune richieste di d’Eon: accettò di trasformare la pensione di d’Eon in un vitalizio annuo di 12.000 franchi; avrebbe pagato buona parte dei debiti che d’Eon avesse potuto certificare con un’appropriata documentazione; promise a d’Eon la sua protezione; infine il re era disposto a riconoscere pubblicamente la condizione di donna di d’Eon, a patto che questi promettesse di indossare abiti femminili non appena avesse fatto ritorno in Francia.
Il 4 novembre 1775 d’Eon consegnò a Beaumarchais la cassaforte contenente i documenti segreti. E firmarono la “Transazione” in cui il re e il ministro degli Esteri definivano lo status di d’Eon. La Transazione iniziava dichiarando che d’Eon era una donna: “La damigella Charles-Geneviève-Louise-Auguste-André-Thimothée d’Eon, donzella matura, fino a oggi nota con il nome di cavaliere d’Eon”.
La “Transazione”
D’Eon firmò la Transazione, l’attestato con cui veniva ufficializzato il suo nuovo status, solo dopo alcune specifiche ed emendamenti.
Promise che una volta tornato in Francia avrebbe provato a entrare in un convento, ma chiese di poter continuare a portare la Croce di San Luigi “qualunque abbigliamento dovessi adottare”, dal momento che gli era stata assegnata non perché considerato un uomo, ma in virtù dei rischi “a cui ho sottoposto la mia vita nelle battaglie e negli assedi ai quali ho partecipato”. Chiese inoltre che la spesa del guardaroba femminile fosse interamente sostenuta dal re.
Beaumarchais acconsentì alle richieste, permettendo soltanto che d’Eon “tenesse un’uniforme completa del reggimento nel quale aveva servito, insieme all’elmetto, alla sciabola, alla pistola, al fucile, alla baionetta, come ricordo della sua vita passata o come si potrebbero tenere le reliquie di una persona amata scomparsa”.
Sebbene la Transazione venisse firmata il 4 novembre del 1755, Beaumarchais e d’Eon decisero di comune accordo di retrodatarla di un mese, il 5 ottobre 1775, compleanno di d’Eon, facendo di tale documento una sorta di certificato di nascita.
Beaumarchais scommette
Beaumarchais tornò in Francia con i pericolosi documenti che contenevano i piani di invasione dell’Inghilterra e dibattè alcuni punti della transazione con il ministro; alla fine questi punti vennero posti alla decisione del re, che rispose a fianco di ognuno.
Concede il Re a Mademoiselle d’Eon il permesso di portare la Croce di San Luigi sui suoi abiti da donna? Solo nelle provincie.
Approva Sua Maestà la gratifica di 2000 corone da me assegnata a questa giovane signora nel momento in cui ella indosserà abiti da donna? Sì.
In tal caso, intende Sua Maestà lasciarle a disposizione i propri abiti da uomo?Deve venderli.
Poiché tali favori devono dipendere da un certo atteggiamento mentale al quale spero di portare Mademoiselle d’Eon per sempre, mi concede Sua Maestà il potere di garantirli o rifiutarli a seconda di quanto possa ritenere utile per il bene del suo servizio? Sì.
Tutto sembrava procedere per il meglio, ma nell’arco di pochi giorni d’Eon si sentì talmente tradito da Beaumarchais da minacciare di annullare la Transazione.
All’origine dei timori di d’Eon vi fu un breve annuncio riportato sui giornali di Londra una settimana dopo la stipula della Transazione: “In città si sta preparando una nuova polizza in merito al sesso del Cavaliere d’Eon; gli allibratori danno adesso d’Eon donna sette a quattro; e un nobile ben noto nell’ambiente si è impegnato a portare la vicenda a una soluzione definitiva entro e non oltre quattordici giorni”.
Morande e Beaumarchais avevano scommesso sul sesso di d’Eon per un totale di circa 100.000 sterline. Ancora peggio, Beaumarchais aveva sparso la notizia che lui e la cavalieressa si erano innamorati e stavano seriamente prendendo in considerazione l’ipotesi di sposarsi. Beaumarchais compose finanche delle ballate d’amore, e una sera ebbe la sfrontatezza di cantare a d’Eon la sua preferita. D’Eon iniziò a ricevere lettere di amici che gli chiedevano conferma di tale indiscrezione. Egli rimase offesissimo da quella burla; non voleva certo tornare a Parigi accolto dall’ilarità generale, e anzi la cosa alla quale più di ogni altra anelava era proprio l’onore e il rispetto dovuti a un’amazzone aristocratica. La sua irritazione fu tale che preparò le valigie e partì seduta stante per la tenuta di campagna di Ferrers.
Il comportamento impulsivo di Beaumarchais aveva spinto d’Eon a una visione più radicale del suo futuro, nella quale egli avrebbe continuato anche come donna la propria carriera politica e militare. Il negoziato con Beaumarchais era passato dalla questione “quale sesso d’Eon avrebbe assunto” a“che tipo di donna sarebbe divenuta”. Luigi XVI si attendeva che d’Eon si ritirasse in buon ordine, preferibilmente in un convento, dove avrebbe potuto apprendere le doti di “modestia, virtù e castità”. D’Eon invece sperava che la sua esistenza di donna sarebbe stata altrettanto attiva di quella condotta come uomo.
D’Eon denuncia Morande
Offeso dal comportamento dei delegati del ministro degli esteri, d’Eon troncò ogni negoziato con Morande e Beaumarchais e scrisse direttamente a Vergennes. Raccontò meticolosamente le sordide attività di Beaumarchais a Londra. Vergennes difese Beaumarchais e disse a d’Eon di non preoccuparsi: se avesse continuato a cooperare con Beaumarchais tutto si sarebbe risolto al più presto. Ma la situazione raggiunse un punto critico allorché Morande minacciò di pubblicare un lungo articolo sulla vicenda di d’Eon. Questi si infuriò al punto da precipitarsi a casa sua e sfidarlo a duello. Morande si rifiutò con la scusa di non potersi battere con una donna. “Il signor de Morande”, scrisse un giornale, “ha replicato molto educatamente che era impossibile per lui incontrare d’Eon in qualsiasi altro luogo che non fosse un letto”. Poiché la sfida a duello era un atto tecnicamente illegale, Morande riuscì a ottenere un’ingiunzione del Banco del Re, presieduto Lord Mansfield, che vietava a chiunque di battersi in duello con d’Eon.
D’Eon inviò immediatamente una denuncia a Lord Mansfield contro Morande per calunnia, ma il magistrato archiviò il caso ritenendo che quanto meno le due parti si fossero calunniate a vicenda.
Le scommesse sul sesso di d’Eon si facevano pressanti, e al cavaliere furono anche proposte 30.000 sterline perché si facesse visitare da un medico.
Nell’estate del 1777, le possibilità di giungere a una prova inconfutabile sul sesso di d’Eon stavano rapidamente svanendo in quanto, riportava la stampa, il cavaliere era in procinto di lasciare l’Inghilterra alla volta della Francia. Alcuni scommettitori, che si ritrovavano enormi somme di denaro immobilizzate sin dal 1771, presi da sempre maggior nervosismo iniziarono a denunciarsi reciprocamente, tutti reclamando di essere pagati. Il magistratoLord Mansfieldsi occupò del processo più famoso svolto presso il Banco del Re della Corte suprema il 2 luglio 1777, alla vigilia della partenza di d’Eon.
Eon viene dichiarato donna in tribunale
Il processo vedeva di fronte un chirurgo, Mr. Hayes, che nel 1771 aveva acquistato da Mr. Jacques, un agente assicurativo, una polizza d’assicurazione su d’Eon per una somma di 100 sterline. La polizza stipulava che Mr. Jacques avrebbe pagato a Mr. Hayes 700 sterline se si fosse dimostrato che d’Eon era una donna. Hayes stava ora tentando di recuperare il proprio denaro. Sebbene d’Eon non partecipasse al processo, si trattò comunque di un evento altamente spettacolare. La folla stipata sulle tribune del pubblico era tale che, secondo le parole dello stesso d’Eon, sembrava si fosse riunito lì “mezzo mondo”.
Benché il magistrato deplorasse la causa e la scommessa, non poté esimersi dal procedere con il processo e la giuria si espresse a favore di chi aveva scommesso sul sesso femminile, decretando così la fine delle scommesse. Molti investitori che avevano scommesso che d’Eon fosse maschio preferirono pagare anziché farsi trascinare in costosi processi civili. Migliaia di sterline passarono di mano, e coloro che ancora si rifiutavano di pagare vennero citati in giudizio.
Nei sei anni trascorsi dal momento in cui si sparsero le prime voci sul suo sesso, la posizione di d’Eon si era letteralmente trasformata in tutti i sensi. Si era liberato dei suoi apparentemente insormontabili problemi di debiti; la riabilitazione politica concessagli da Luigi XVI era resa ancor più convincente dall’opinione generale secondo cui i suoi anni a Londra non fossero stati affatto un esilio, ma fossero stati spesi al servizio di Luigi XV; infine, pur senza mai essersi vestito da donna, egli era riuscito a convincere tutti, anche i suoi amici più intimi, di essere biologicamente una donna educata come un maschio.
Dal caso alla legge contro le scommesse
Mansfield continuò a presiedere processi sul sesso di d’Eon anche quando il cavaliere lasciò l’Inghilterra, finché non venne proibito di scommettere sul sesso delle persone. La questione dell’identità sessuale di d’Eon divenne non solo il principale argomento sulla stampa inglese, ma indusse le più fervide menti britanniche a definire nuovi principi giuridici. In tal modo, d’Eon aveva ottenuto due vittorie: aveva trasformato agli occhi del pubblico la propria immagine da uomo in donna, e aveva proibito a chiunque in Inghilterra di arricchirsi sui suo sesso.
Il Cavaliere d'Eon torna in Francia
Ritornato in patria nelle vesti di donna, d’Eon riscosse enorme successo di fronte all’opinione pubblica, in particolare quella femminile. Il ministro degli esteri sperava che il cavaliere si ritirasse a vita privata; invece la sua prorompente personalità e la sua fama lo portavano alla gloria.
D’Eon divenne la crea tura prediletta delle nobildonne più vicine alla regina, le quali si rifiutarono di lasciarlo andare. La stessa monarchia aveva fatto intendere alla nazione come il suo più famoso travestito fosse un’eroina, non un paria o un fenomeno da baraccone.
Cavalieressa
Riconoscendo il suo nuovo titolo di “Cavalieressa”, il re e la regina di fatto inventarono un nuovo rango nobiliare. Tutte le altre cavalieresse di Francia avevano infatti acquisito tale titolo attraverso il matrimonio, vale a dire che erano cavalieresse solo perché i rispettivi mariti erano cavalieri. D’Eon, invece, aveva ottenuto un vero e proprio titolo onorifico. La monarchia lo aveva nominato cavaliere a tutti gli effetti solo nel 1763, titolo conferitogli da Luigi XV per gli atti di valore compiuti durante la Guerra dei Sette Anni. Tramutando tale titolo nel suo equivalente al femminile, la monarchia comunicava implicitamente all’opinione pubblica che il cambiamento di sesso di d’Eon non cambiava in nulla le opinioni della monarchia in merito alle sue precedenti gesta militari.
Oltre al titolo di cavaliere, d’Eon poté portare l’ambitissima Croce di San Luigi.
Tutti desideravano conoscere questa cavalieressa, che era riuscita a superare i limiti solitamente inerenti alla condizione di donna e a raggiungere cotanta fama in qualità di soldato e di diplomatico.
Incontri illustri
D’Eon incontrò Benjamin Franklin giunto in città a perorare la causa della guerra di indipendenza americana. Armato di occhiali anziché di spada, sprovvisto di parrucca o di qualsiasi altro bizzarro capo d’abbigliamento, teneva testa ai grandi nobiluomini con indosso una giacca di pelle e un berretto di pelliccia.Nel febbraio del 1778 Franklin invitò d’Eon a un pranzo nella propria residenza parigina. La conversazione fu ovviamente incentrata sulla lotta delle colonie americane contro l’Inghilterra, l’arcinemica della Francia. D’Eon si scagliò con veemenza contro l’Inghilterra, perorando l’ingresso in guerra della Francia. Elogiò i ribelli per la loro virtù e coraggio e invitò tutti i presenti a unirsi a lui in un brindisi al successo dell’America.
Franklin non fu l’unico personaggio illustre dell’Illuminismo a cercare l’attenzione di d’Eon: anche Voltaire volle incontrarlo. Ciò che maggiormente sorprese Voltaire non fu d’Eon in quanto tale, bensì la reazione del re. Anziché uccidere o arrestare d’Eon, lo stavano premiando con un sussidio! Anziché ridicolizzare d’Eon come aveva fatto dieci anni prima, Voltaire sembrò manifestare una sorta di rispetto, seppur riluttante, per quanto d’Eon aveva fatto. Voltaire non provava repulsione per l’ambiguità sessuale di d’Eon, bensì attrazione, a dispetto del disgusto che gli stravaganti atteggiamenti politici di d’Eon avevano provocato in lui circa dieci anni prima.
Le speranze di un buon patriota
D’Eon elaborò una precisa strategia per presentarsi al mondo scrivendo una biografia, falsa, in cui rivelava di essere nato femmina mentre il padre voleva un maschio. Individuando nel momento stesso della nascita le origini del proprio garbuglio sessuale, d’Eon si liberava di ogni responsabilità morale per avere stravolto il corso della natura, scaricandola sul padre. Nessuno tra i lettori della storia di d’Eon poteva accusarlo di essere una donna che desiderava vivere come un uomo. Egli era stato assoggettato da bambino al dominio di un padre autoritario che non gli aveva offerto altra scelta. Suo padre era morto nel 1749, cosicché addebitare a lui la propria condizione era cosa sicura e conveniente. La Francia settecentesca non era nuova a questo tipo di storie, e si bevve tutto.
Una biografia rousseauiana
Poiché l’ambiente contava per tutto, sosteneva Rousseau, gli aristocratici sbagliavano ad affidare ad altri la cura dei figli, soprattutto alle bambinaie, che erano ignoranti e incivili. I genitori dovevano diventare parte attiva in ogni fase della vita di un figlio, dovevano insegnare attraverso l’esempio e proteggere i figli dal male assumendo il controllo esclusivo dell’ambiente in cui essi vivevano.
D’Eon affermava di aver ricevuto un’istruzione tipicamente rousseauiana, pur essendo nato trentacinque anni prima della pubblicazione dell’ Emile.
A complicare la storia c’è, poi, l’affermazione di d’Eon di aver sofferto durante l’infanzia di un disturbo all’apparato urinario. Forse la malattia gli lasciò qualche problema fisico o psicologico che lo accompagnò nella vita adulta.
Tali congetture sul carattere di d’Eon sono basate su quanto egli ha raccontato di sé nelle opere autobiografiche, ma nessun documento ci consente di verificare quanto dice.
D’altra parte, le lettere del giovane d’Eon, intrise di uno Sturm und Drang che sembrava prefigurare I dolori del giovane Werther di Goethe (1774), non rivelano alcuna evidente psicopatologia, ma semplicemente il normale comportamento di un adolescente.
L’ipotesi del convento
D’Eon tornò in Francia come una delle donne più famose e singolari del secolo. Ovunque andasse, tutti — dai re e le regine fino all’ultimo dei servi — volevano vederlo. I giornali pubblicavano regolarmente storie sul suo conto, e i suoi estimatori continuavano a inviargli lettere di ammirazione.
Convincere l’opinione pubblica europea che fosse una donna travestita da uomo non era più il problema fondamentale della vita di d’Eon; egli dovette ora affrontare l’ancor più ardua sfida di intraprendere una carriera pubblica come donna, e in quanto talee servire come ufficiale militare e scrivere libri che portassero il suo nome.
Le opportunità per le donne di occupare ruoli pubblici andavano restringendosi, anziché ampliarsi. D’Eon addebitò questo nuovo atteggiamento verso le donne non a Rousseau, ma più direttamente a Beaumarchais. L’avventuriero francese continuava a inventare storielle su d’Eon, vennero scritti libelli di difesa e accuse mentre la cavalieressa protestava presso il ministro.
Il nemico di Eon
D’Eon sostenne che, calunniando lui, Beaumarchais stesse in realtà diffamando tutte le donne. In uno speciale “Appel à mes contemporaines”, scritto in occasione della festa della Purificazione, egli “denunciò” Beaumarchais “a nome di tutte le donne della mia epoca” e asserì che, scommettendo sul sesso di una donna, Beaumarchais si fosse comportato da mezzano, avendo egli sfruttato il corpo di una donna a scopo di lucro. Il suo odio per Beaumarchais divenne sempre più ossessivo. In lui d’Eon vedeva il parvenu, il nuovo arricchito infiltratosi nelle file dell’aristocrazia al solo intento di distruggerla dall’interno.
Nuova guerra contro l'Inghilterra
Nel 1778 la Francia scese in campo nella guerra di indipendenza americana contro la Gran Bretagna dando alla Francia la possibilità di riconquistare il proprio onore nazionale dopo la sconfitta del 1763 contro l’Inghilterra. D’Eon presentò ai funzionari di governo un’istanza in cui chiedeva di rescindere il decreto che gli imponeva di indossare abiti femminili chiedendo il permesso di tornare a indossare l’uniforme militare. Il governo, naturalmente, non ne volle sapere e lo consigliarono o di sposarsi o di entrare in convento.
D’Eon visitò parecchi conventi e prese seriamente la possibilità di trasferirsi e intraprendere una vita di meditazione e studi, ma alla fine non fece il passo e cercò in tutti i modi di andare a combattere in America. Le sue insistenze furono tali che Luigi XVI, infuriato, concesse a d’Eon tre soli giorni per ritirarsi a Tonnerre, dove gli veniva ordinato di restare fino a ulteriori notizie. Inoltre, il sovrano sottolineò che d’Eon dovesse portare sempre abiti femminili, proibendogli di indossare l’uniforme dei Dragoni. D’Eon tergiversava, così, nel pieno della notte, la polizia assalì la casa del duca e della duchessa de Montmorency-Bouteville, presso cui d’Eon era ospite, e lo condussero a circa 150 chilometri a est, nella prigione sotterranea del Chàteau de Dijon. D’Eon fu informato di essere stato arrestato a causa della sua “cieca passione di tornare alla sua misera occupazione in guerra”.
Vita ritirata
Per i successivi sei anni, dal 1779 al 1785, d’Eon trascorse buona parte del proprio tempo nella casa di famiglia a Tonnerre, in compagnia della madre. Qualche volta riuscì a recarsi in vacanza con amici in altre parti della Francia, ma almeno nei primi anni dovette chiedere un permesso speciale per partire. Una conseguenza di tale ritiro fu che le giornate di d’Eon presero a scorrere placide e noiose. Per quanto piatta potesse apparire esteriormente la sua vita, in cuor proprio d’Eon stava in realtà vivendo una trasformazione che avrebbe finito col modificare il suo modo di pensare su tutto, e in particolare sulle donne e sull’identità sessuale. D’Eon divenne un cristiano.
D’Eon era passato non solo dalla condizione di uomo a quella di donna, ma da tiepido cattolico a un credente appassionato. La sua “nuova nascita” fu in parte un processo intellettualee in parte risultato dell’esperienza. Stipato tra i materiali autobiografici custoditi alla University of Leeds c’è un saggio non datato, in cui d’Eon dichiara la sua nuova fede, che sembrerebbe risalire al 1777 o 1778. La prima pagina del saggio dimostra tutta l’intensità e la sincerità di d’Eon: Dato il peso delle circostanze critiche nelle quali vivo, il mio dovere più pressante è di comportarmi come faccio agli occhi di Dio, del Re, del la legge e degli uomini di fede. Nella mia situazione presente ricevo ogni giorno istruzioni pratiche su tutti i doveri di una fanciulla cristiana. La grazia del Signore si prenderà cura di ogni altra cosa con il tempo, la pazienza e l’obbedienza ai comandamenti di Dio. Si è sempre contenti di Dio e occorre sempre elogiarlo, quando si cerca solo di fare la sua volontà.
Il ritrovato cristianesimo di d’Eon fu il risultato della sua profonda disaffezione per la vita politica. La conversione offrì a d’Eon il modo di far fronte alle nuove pressioni psicologiche derivanti dall’essere una donna aristocratica negli ultimi anni dell’Ancien Régime. La fede gli offrì il mezzo per frenare l’ira covata nei confronti di statisti che continuavano a escluderlo dal potere politico.
La fede divenne una fonte di ispirazione che portò a un’enorme quantità di scritti i quali, sebbene mai pubblicati, testimoniano una mente fertile e brillante. Gli scritti religiosi degli ultimi decenni della sua vita sono più profondi di qualunque altra cosa egli avesse prodotto nella sua passata carriera politica.
Il Cavaliere d'Eon torna in Inghilterra
Per tutta la sua vita da adulto egli aveva avuto per dimora le capitali d’Europa: Parigi, Londra, perfino San Pietroburgo. Era fatto per la vita di città, con il suo fitto calendario sociale e i pettegolezzi politici. Poteva anche essere diventato una donna e un cristiano, ma la sua personalità era rimasta immutata. Dopo un anno o due passati a occuparsi delle vigne di famiglia, d’Eon divenne insofferente della cittadina borgognona. Per quanto lo riguardava, l’unica cosa preziosa di Tonnerre era il vino, e quello lo si poteva bere ovunque.
Poiché il governo respingeva i suoi appelli, chiese di tornare a Londra per risolvere dei problemi finanziari; ma il ministro Vergennes gli negò il permesso di recarsi in Inghilterra con la fondata motivazione che i due paesi erano in guerra. Egli avrebbe dunque dovuto aspettare fino al termine della guerra d’indi pendenza americana, che avvenne nel 1783. Anche allora, tuttavia, il governo si dimostrò estremamente riluttante all’idea che d’Eon lasciasse il paese, ed egli ottenne il permesso di partire solo dopo aver convinto i ministri che la gravità della sua situazione economica era tale che, nel tentativo di recuperare il proprio denaro, i creditori erano in procinto di vendere la sua biblioteca e i suoi documenti. Nel settembre del 1785 d’Eon lasciò Tonnerre e la Francia alla volta dell’Inghilterra, dove sarebbe rimasto per il resto della sua vita.
Inghilterra paese di libertà
Naturalmente, il motivo per recarsi in Inghilterra non si esauriva nelle sue vicende finanziarie. La sua decisione rappresentava anche una chiara preferenza per un tipo di sistema politico rispetto a un altro. In Francia era una vittima politica dell’ultimo monarca assoluto del paese, relegato a una sorta di arresti domiciliari. L’Inghilterra era “un paese più libero dell’Olanda e meritevole di essere visitato da un uomo di spirito e amante della libertà ... una libertà fondata su un contratto sociale tra il Re e i suoi sudditi, o piuttosto, tra i sudditi e il Re”. Riecheggiando una convinzione espressa da molti intellettuali francesi sin da quando Voltaire aveva pubblicato le sue Lettere sull’Inghilterra circa cinquant’anni prima, d’Eon riteneva che l’Inghilterra fosse il paese più libero e più ricco del mondo. Egli pensava anzi che l’Inghilterra fosse ricca proprio perché era libera. “Gli inglesi considerano la politica una funzione del commercio, e la loro politica estera viene condotta di conseguenza, mentre i nostri governanti francesi, che di commercio non capiscono niente, considerano la politica un affare assai grande e serio”.
La rivoluzione
Allorché scoppiò la rivoluzione del 1789, d’Eon, al pari di molti altri osservatori francesi, credette che la Francia sarebbe diventata più simile all’Inghilterra. D’Eon iniziò a socializzare con i sostenitori londinesi e francesi della rivoluzione, vedendo nel suo richiamarsi ai diritti costituzionali una reincarnazione di quanto conquistato dagli inglesi cento anni prima con la loro “gloriosa rivoluzione”. Intravide una possibilità di partecipare alla rivoluzione allorché nell’aprile del 1792 la Francia dichiarò guerra all’Austria. Com’era sempre avvenuto sin dagli anni Cinquanta del secolo, d’Eon si considerava innanzitutto un ufficiale militare, e nonostante l’età avanzata, se il suo paese era in guerra egli desiderava aiutarlo. Inviò dunque una lettera all’Assemblea nazionale, chiedendo il permesso di essere reinsediato nell’esercito come ufficiale di fanteria al comando di un reggimento di donne amazzoni da condurre a nome della Francia in gloriose battaglie. Il 12 giugno 1792 la sua petizione venne letta in una sessione ufficiale dell’Assemblea nazionale in essa, tra le altre cose, diceva: Sono passata con successo dalla condizione di ragazza a quella di ragazzo; dalla condizione di uomo a quella di donna. Ho sperimentato tutte le più singolari vicissitudini della vita umana. Presto, però, volerò con le armi in mano sulle ali della Libertà e della Vittoria per combattere e morire per la Nazione, la Legge, e il Re.
La lettera fu interrotta varie volte da applausi e scoppi di risate; venne quindi trasmessa al Comitato militare e si ordinò che fosse menzionata con encomio nei verbali. A nome del Comitato militare dell’Assemblea, Anacharsis Cloots accolse la richiesta di d’Eon invitandolo a tornare quanto prima nel proprio paese, dove il vecchio soldato avrebbe combattuto per la Francia come una nuova “Giovanna d’Arco, aiutandoci a liberare il mondo dalle infernali fiamme dei tiranni”.
Mala sorte per le donne con la rivoluzione
Gli studiosi odierni sottolineano la determinazione con la quale i rivoluzionari francesi tentarono di escludere le donne dalla nuova vita politica del paese. Per i giacobini, una Francia rigenerata significava una Francia di maschi. La studiosa Dorinda Outram ha definito la rivoluzione francese come una “disputa tra maschi e femmine” tesa a “rafforzare giuridicamente la partecipazione politica degli uomini e a colpevolizzare quella delle donne” Ma sebbene le donne avessero di certo perso terreno durante la rivoluzione, l’interpretazione della Outram appare un po’ eccessiva. Soprattutto nei primi anni della rivoluzione, le possibilità di carriera nella sfera pubblica per le donne sembravano promettenti. Sotto tale aspetto, le reazioni di Carnot e Cloots non rappresentano affatto un’eccezione. Durante la primavera e l’estate del 1792, in tutta la Francia le donne presero le armi e molte di esse, come d’Eon, chiesero di entrare nell’esercito.
Anche dopo che l’Inghilterra ebbe dichiarato guerra alla Francia, nel gennaio del 1793, sembra che il governo francese stesse caldeggiando il ritorno di d’Eon al punto di procurargli un passaporto britannico per facilitargli l’uscita dal paese. Ciò che impedì il suo ritorno, quindi, non fu un motivo politico, ma finanziario: in poche parole, d’Eon non se lo poteva permettere. Sin dall’inizio della rivoluzione nel 1789, la pensione annuale di d’Eon era stata sospesa. La rivoluzione era nata da una crisi finanziaria che aveva visto il governo dichiarare bancarotta in quanto incapace di pagare i propri creditori, tra i quali figurava appunto d’Eon.
Difficoltà economiche
Non avendo mai messo un franco da parte in tutta la sua vita, d’Eon non era preparato a una simile catastrofe. Alla fine, i suoi creditori divennero così insistenti da costringerlo a mettere in vendita la propria biblioteca. La collezione era così vasta e preziosa che il banditore d’asta, Christie, pubblicò un catalogo “in vendita nelle varie librerie di Londra al prezzo di uno scellino” contenente una prefazione di 20 pagine sulla vita di d’Eon. La notizia della vendita e la recensione del suo catalogo apparvero su gran parte dei giornali londinesi e finanche sul “Moniteur” di Parigi.
Neanche la vendita dei libri bastò tuttavia a coprire i debiti. Di tanto intanto faceva soldi partecipando a dei tornei di scherma. Ancor prima della rivoluzione, egli aveva partecipato a duelli pubblici sia per denaro sia per diffondere la propria reputazione di pervicace amazzone. L’interesse per tali tornei doveva essere evidentemente molto grande, e d’Eon divenne noto come la migliore spadaccina del mondo. Prese parte anche a un famoso torneo cui assistette il principe di Galles.
Gli ultimi anni in povertà
Nel 1796, a quasi settanta anni, durante un torneo a Southhampton, rimase ferito in modo abbastanza serio da costringerlo a ritirarsi per sempre da questo tipo di attività. Dopo l’incidente si trasferì in casa di Mrs. Gole, vedova di un ammiraglio britannico. I pochi soldi e la salute malferma costringevano i due a una vita ritirata.
Fu una fortuna che non ritornasse nella Francia rivoluzionaria: gli sviluppi della situazione politica gli fecero cambiare idea sulla rivoluzione. Se all’inizio egli aveva mostrato rispetto per Sieyès e Lafayette, ora non ebbe che disprezzo per i cosiddetti capi democratici, definendoli “forsennati, immorali tiranni come i Marat, i Robespierre, i Danton e tutti gli altri mostri possibili e immaginabili”.
A causa dell’età, della malattia e della sempre maggior povertà, d’Eon trascorse l’ultimo decennio di vita chiuso in casa, a volte, nelle fredde giornate d’inverno, senza neanche alzarsi dal letto. Oggi compio 72 anni, scrisse nel 1800. Sono malata, piena di ferite patite in guerra e in pace, resa esausta dal lavoro e dalle tribolazioni, e oppressa dal clima di quest’isola, malsano sia per il corpo che per l’anima. Sono quattro anni e mezzo che non lascio il letto. Penso di morire da un giorno all’altro di debolezza e di miseria.
D’Eon sarebbe invece vissuto ancora dieci anni. E pur essendo anni di miseria, essi si rivelarono estremamente produttivi. Da anni andava preparando le sue memorie, ma nell’ultimo decennio di vita queste assunsero una veste più formale. Nel 1805 firmò un contratto per un’autobiografia che si sarebbe intitolata La Pucelle de Tonnerre: Les vicissitudes d chevalier et de la chevalière d’Eon, in dieci volumi, pubblicata dai fratelli Richardson cli Londra, nipoti del famoso editore e romanziere Samuel Richardson. D’Eon ricevette un anticipo di 500 sterline, che gli permise di vivere appena al di sopra del livello di povertà.
Nonostante il contratto, tuttavia, quest’opera non fu mai pubblicata. Sia Plummer sia i Richardson erano pronti a pubblicare il materiale, ma furono bloccati dai tentennamenti di d’Eon. Sebbene solo una piccola parte dei suoi scritti autobiografici fosse pronta per la pubblicazione prima che morisse, si sarebbe potuto pubblicare quanto meno un unico importante volume.
D’Eon proibì la pubblicazione della sua autobiografia perché si rendeva conto di non aver detto la verità. Se da un lato tutti i suoi scritti narravano storie vere e sentite, dall’altro lo ritraevano come una donna che aveva trascorso la prima metà della sua vita travestita da uomo mentre, ovviamente, era vero l’esatto contrario. D’Eon scriveva in veste di cristiano, di discepolo giansenista di Agostino. Mentire a se stesso era un conto, ma l’inganno scientificamente perpetrato come fondamento stesso del libro era assolutamente incompatibile con la sua morale religiosa.
La morte
Di conseguenza, allorché morì, nel 1810, egli non aveva pubblicato una sola parola di tali materiali. Per oltre cent’anni essi rimasero in mani private, ignorati dagli studiosi. E anche dopo che furono venduti alla University of Leeds Library negli anni Trenta del Novecento, essi rimasero in gran parte dimenticati. Ciononostante, questi manoscritti rivelano un livello di autocoscienza relativo alle donne e all’identità sessuale straordinario per originalità e acume. Solo la morte e la visita del medico svelarono al mondo alla fine la vera identità del cavalliere d'Eon rivelando che era uomo.