Nella prima metà del Seicento, la Guerra dei Trent’Anni fu combattuta in gran parte con eserciti mercenari, arruolati in quei Paesi in cui miseria e buone paghe attiravano verso il servizio militare. Gli uomini venivano ingaggiati da un ufficiale, il quale aveva ricevuto una «patente di arruolamento» da un generale, responsabile dell’esercito e pagatore di tutti. I denari venivano dalle casse del sovrano, a volte dalle proprietà del generale stesso, e soprattutto dai tributi imposti alle città e ai territori attraversati, amici o nemici o neutrali che fossero.
Il saccheggio era generalmente ammesso, anche perché le paghe spesso arrivavano in ritardo o non arrivavano affatto.
Le armate che si cercavano o si evitavano, si scontravano tra loro o assediavano una fortezza, erano lontane dal concetto moderno di « esercito »: si trattava di reggimenti, guidati da colonnelli e comandati da un generale, per un totale di dieci o quindicimila soldati; potevano essere più forti o più deboli di qualche migliaio di unità combattenti, ma non raggiungevano le dimensioni delle epoche successive. Dieci o quindicimila soldati che marciavano attraverso una regione costituivano già un grosso problema per i rifornimenti e gli alloggi, giacché con loro si muovevano anche servi e stallieri, avidi mercanti e profittatori, amministratori e preti, e persino donne e bambini per un numero totale doppio di quello dei combattenti.
Questi eserciti molte volte non marciavano secondo un piano strategico, ma si dirigevano, per sopravvivere, verso le regioni non ancora devastate o non completamente saccheggiate. Questa è una delle ragioni che rendevano interminabili le guerre: sconfitto uno di questi eserciti col suo generale, ve n’erano altri, con altri generali, sparsi qua e là che bisognava battere ancora. Le forze amiche e nemiche non avevano la capacità di raggrupparsi tutte insieme e di coordinare i movimenti delle varie armate. Le battaglie veramente decisive furono rare, fino a metà del Seicento.
Dal secolo precedente, tre forze militari si erano imposte sui teatri di guerra europei: i mercenari svizzeri, i lanzichenecchi tedeschi, e le fanterie spagnole. La montuosa Svizzera non aveva ricchezze e non offriva altre risorse che le robuste braccia dei suoi figli, che furono mercenari per tradizione durante alcuni secoli, di preferenza al soldo dei re di Francia. Avevano inventato un nuovo modo di combattere, che dominò fino ai primi decenni del Cinquecento: formavano dei quadrati di soldati, armati con lunghe picche o alabarde, con le quali bloccavano ogni assalto della cavalleria, e avanzavano in masse compatte travolgendo tutto. Il perfezionamento delle armi da fuoco e i nuovi accorgimenti bellici li resero meno irresistibili; ma la loro arma principale, la picca, rimase in uso a lungo proprio contro la cavalleria.
Agli svizzeri, gli imperatori della casa di Asburgo contrapposero i lanzichenecchi, parola derivata dal tedesco « Landsknecht » che significa « servo del paese ». Combattevano in formazioni miste: alcuni armati di alabarde, altri muniti di uno spadone da usare a due mani, altri ancora con armi da fuoco portatili, le colubrine. Ognuno aveva, in più, una spada corta e larga, micidiale nel corpo a corpo, che si chiamava appunto la lanzichenecca. Venivano arruolati in ogni angolo della Germania, e spesso erano proprio i principi locali che « vendevano » una parte dei loro sudditi come soldati per le guerre altrui, o che si offrivano al migliore acquirente come condottieri di un reggimento già pronto. Ogni mercenario infatti doveva presentarsi con il proprio armamento.
Ordine, disciplina, divise, pulizia erano quasi inesistenti, anche sotto le piùi severe punizioni. Erano stati i Lanzichenecchi a saccheggiare orribilmente Roma nel 1527; furono « i Lanzi » a scendere dalla Lombardia verso Mantova, che devastarono nel 1630: erano 30.000 fanti e 6.000 cavalieri, portavano con sé rovine e violenze e diffusero la peste (come narra il Manzoni ne I Promessi Sposi).
Gli spagnoli invece contavano su un esercito nazionale: oltre ai volontari, ogni villaggio doveva fornire al servizio militare un uomo su ogni dodici cittadini maschi di età tra i 25 e i 45 anni; costui prestava servizio in permanenza o per periodi lunghissimi, era pagato dal re, diventava un vero professionista della guerra. In una terra arida, i cavalli non erano numerosi e servivano per il lavoro dei campi, perciò fu potenziata la fanteria e anche i nobili vi prestavano volentieri servizio, mentre in altre nazioni essi pretendevano il privilegio di battersi a cavallo. La fanteria spagnola, fino alla metà della Guerra dei Trent’Anni, fu la più forte d’Europa.
Nella seconda metà del secolo, si fronteggiavano armate che avevano anche 150.000 uomini ciascuna!