Il diciottesimo secolo non fu un’epoca di rapido sviluppo nelle tecniche militari. Non vide innovazioni paragonabili a quelle derivate, nel sedicesimo secolo, dall’utilizzazione su larga scala dell’artiglieria o nel diciassettesimo dallo sviluppo degli eserciti permanenti. Vide l’introduzione di armi, tattiche e metodi d’organizzazione nuovi, che resero gli eserciti del penultimo decennio del secolo notevolmente diversi da quelli del primo.
Fu questa in primo luogo un’epoca importante nello sviluppo dell’istruzione militare. L’accademia reale istituita a Torino nel 1677, il corpo dei cadetti della nobiltà fondato a San Pietroburgo nel 1731, l’Ecole Royale Militaire che nacque a Parigi nel 1751, le accademie militari istituite a Wiener-Neustadt nel 1752 e a Zamora nel 1790, furono tutte essenzialmente scuole che si proponevano di preparare i giovani della nobiltà alla carriera militare.
I progressi tecnici del periodo si imperniarono sul problema dell’aumento della potenza di fuoco degli eserciti. Agli inizi del secolo un soldato bene addestrato poteva sparare un colpo al minuto; alla metà del secolo l’introduzione di diversi perfezionamenti relativamente minori, come le cartucce e le bacchette di ferro, avevano consentito di triplicare il ritmo.
Il moschetto a canna liscia che i soldati inglesi avrebbero usato a Waterloo non differiva gran che da quello portato dai loro antenati contro Luigi XIV nella guerra della Grande Alleanza.
Nel settore tattico interessante, soprattutto, è la lenta modificazione del tradizionale schieramento lineare delle truppe sul campo di battaglia a vantaggio dell’attacco in colonna, principio nuovo o riscoperto. Nell’Europa occidentale l’idea dell’attacco per colonne in formazione chiusa sembra essere stata affacciata per la prima volta dal cavaliere di Folard in Nouvelies Découvertes sur la Guerre (1724).
Il periodo vide anche l’introduzione, in tutti i principali eserciti europei, di vari tipi di truppe mobili e armate alla leggera, a complemento dei reggimenti di linea, lenti nei movimenti. Unità di questo tipo furono usate per la prima volta su scala considerevole dall’esercito austriaco nel 1740-49, e i tiratori scelti croati che le componevano apparvero a Federico II gli avversari più pericolosi che avesse mai affrontato.
Ancora prima dell’inizio del secolo l’esercito era diventato emanazione dello stato, branca dell’apparato governativo. Al «condottiero» restava poco spazio; non era più possibile avere una nuova messe di Wallenstein o di Mansfeld, i signori della guerra e gli imprenditori militari che avevano avuto una parte così importante nei conflitti del 1620-40. L’ultima grande affermazione, da parte del governo di un importante stato europeo, del monopolio delle forze militari nel proprio territorio la si osserva nell’erosione operata da Pietro I dell’autonomia dei cosacchi di Zaporo sul Dnepr, dal 1709 in poi, autonomia definitivamente distrutta da Caterina II nel 1775-83. All’inizio del diciottesimo secolo, tuttavia, molti aspetti della vita militare erano ancora controllati dallo stato solo indirettamente, almeno nell’Europa occidentale. Parecchi eserciti si affidavano ancora ai civili per gli spostamenti dell’artiglieria e dei bagagli, e agli animali da tiro requisiti alla popolazione. L’approv vigionamento e spesso anche la fornitura delle armi, delle munizioni e delle uniformi erano di norma responsabilità di appaltatori civili.