Il commercio europeo con l’Oriente differiva da quello con le Americhe anche perché era nelle mani di diverse compagnie privilegiate. Erano, questi, degli organismi semi-ufficiali che godevano di grande influenza politica.
Neppure nei traffici con l’America queste compagnie furono sconosciute. Il governo spagnolo ne creò tutta una serie durante questo periodo: la più importante, e quella che ottenne migliori risultati, fu la Compagnia di Caracas nel 1728.
La Compagnia inglese delle Indie orientali vide in questo periodo uno strano capovolgimento di sorti. Dal 1750 in poi fu coinvolta, in conquiste militari e espansioni territoriali di immensa portata. In pochi anni lo spirito d’iniziativa dei suoi funzionari ne fece una potenza dominante. Nel decennio 1760-69 aveva cessato di essere una vera organizzazione commerciale, senza riuscire a trasformarsi in una organizzazione politica e amministrativa efficiente. Per quasi una generazione, rimase inefficiente. Solo con le riforme intraprese da Lord Cornwallis nel Bengala, nell’ultimo decennio del secolo, la Compagnia cominciò a gettare le basi di quella grande struttura amministrativa che sarebbe stata nel diciannovesimo secolo l’India britannica.
Alla Compagnia francese delle Indie orientali questo periodo portò un destino molto diverso. Sconfitta dalla rivale inglese e fortemente indebitata, fu messa in liquidazione nel 1769. Resuscitata nel 1785, continuò a mantenere una piccola testa di ponte in India finché le sue ultime stazioni caddero in mano agli inglesi, nel corso delle guerre rivoluzionarie: liberata dalle cure dell’amministrazione di vasti territori, cominciò ad avere profitti ridotti ma genuini.
La Compagnia olandese delle Indie orientali, l’organizzazione commerciale di maggior successo del diciassettesimo secolo, in questo periodo accrebbe la propria importanza. Si trovò, quasi senza accorgersene, costretta ad assumere il controllo politico di territori estesi e ricchi.
Come la Compagnia inglese, tuttavia, quella olandese divenne sempre meno efficiente come organizzazione commerciale. La sua struttura, le idee conservatrici e la Compagnia inglese resero sempre più difficile la sua posizione finanziaria. Negli ultimi anni riuscì a sopravvivere soltanto grazie all’aiuto degli olandesi.
Gli interessi coloniali
I sovrani dell’Europa occidentale sapevano i vantaggi che davano i commerci con l’oltremare e i possedimenti coloniali. In particolare si rendevano conto che la ricchezza di cui potevano disporre grazie a entrambi assicurava loro una importante superiorità sui vasti ma sottosviluppati paesi del continente. « La Casa d’Austria, — scriveva il duca di Choiseul nel 1760- la Russia, il re di Prussia, sono soltanto stati secondari, poiché possono fare la guerra solo quando sono sovvenzionati dalle potenze commerciali » Questa affermazione era esagerata. Gli avvenimenti successivi, infatti, dimostrarono che non era necessario possedere una potenza navale o territori coloniali per avere una grande influenza in Europa.
Ma le popolazioni non erano indifferenti ai possedimenti d’oltremare. In Inghilterra l’opinione pubblica ne esagerava il valore ed sensibile a ogni minaccia ad essi, mentre considerava con indifferenza i grandi cambiamenti territoriali in Europa. Anche nelle Province Unite, sempre più dominate dalla mentalità della « sicurezza e tre per cento », mantenere la posizione commerciale e coloniale del paese fu più importante che mantenere l’equilibrio delle forze in Europa. Anche in Francia l’attenzione e l’interesse si indirizzavano sempre di più agli avvenimenti d’America e d’Oriente.