Una delle principali contestazioni che Lutero muove alla chiesa di Roma è di certo l'eccesiva ricchezza e opulenza dei luoghi di culto, delle rappresentazioni della divinità e di tutte le celebrazioni religiose, ormai lontanissime dalla sobrietà e dal paupersimo della Chiesa delle origini. Proprio per questo il Concilio di Trento, indetto per arginare l'ondata di contestazione che a metà del '500 investì la Chiesa e i suoi apparati, dedicò particolare attenzione a questo tema. Nella sessione XXV del Concilio viene redatto un documento in cui si conferisce ai Vescovi tutto il potere decisionale e di veto concernente un'idonea edificazione ed arredo della chiesa e di tutte le produzioni artistiche ivi contenute (sculture, pitture, etc). Viene subito sancita una frattuta con gli iconoclasti protestanti affermando che le immagini del Cristo, della Vergine madre di Dio e di tutti i santi devono essere poste e mantenute soprattutto nelle chiese, e ad esse vanno tributati l'onore e la venerazione dovuti: la scultura e la pittura vengono considerati nell'ottica conciliare come dei mezzi di propaganda e diffusione delle nuove dottrine e vanno pertanto non abbandonati ma bensì potenziati e amplificati.
Protagonista di questo dibattito è il cardinale San Carlo Borromeo che, ben conscio del potenziale di evangelizzazione insito nell'arte, sintetizza e riordina i dettami conciliari nel suo trattato del 1577 Instructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae, in cui vengono affrontate tutte le problematiche architettoniche e decorative inerenti all' edificio sacro in ogni suo minimo aspetto.
Una pianificazione maniacale
Carlo dimostra una preparazione tecnica completa, che spazia da quelle di un architetto, a quelle di uno sculture e persino di un geologo quando ad esempio si dibatte della scelta del luogo ideale per una chiesa, che deve essere una collina o un'altura solide per evitare il rischio di frane ma anche per elevare l'edificio sacro al di sopra di tutti gli altri. Si deve stagliare solitario, non confinante con altri edifici e, se sito in pianura, dev'essere scenograficamente sopraelevato da rampe di scale. Centrale è il ruolo della facciata, "biglietto da visita" dell'edificio: i muri laterali infatti e quello posteriore non siano decorati da immagini; il muro anteriore [= la facciata] sarà invece tanto più decoroso e solenne quanto più sarà ornato di immagini o pitture relative alla storia sacra.
L'ornamento della facciata prevede l'uso di statue o pitture in un preciso ordine: sulla facciata di ogni chiesa, specie se parrocchiale, al di sopra della porta principale, all'esterno, si dipinga o si scolpisca decorosamente e piamente l'immagine della beatissima Vergine Maria con il Figlio tra le braccia; sulla sua destra si porrà l'effigie del Santo o della Santa cui è intitolata la chiesa; sulla sinistra quella del Santo o della Santa maggiormente venerato dal popolo di quella parrocchia; E' importante che la decorazione sia ricca ed eclatante, ma al tempo stesso familiare e rassicurante per i parrocchiani. Sul tema della sicurezza, largamente trattato nell'opera, Carlo consiglia di dismettere gli antichi soffitti a cassettoni, altamente infiammabili, e di sostituirli con volte affrescate e di curare attentamente il sistema di displuvio per evitare umidità e infiltrazioni.
Anche il pavimento smette di essere solo il "suolo" della chiesa e si trasforma in elemento coreografico: dovrà essere obbligatoriamente in marmo o altra pietra lucida, riccamente intarsiato.
La Chiesa come "teatro"
Una menzione speciale và dedicata alla luce e alle finestre nella chiesa della Controriforma: la luce, ha decretato il concilio, è per la sua natura impalpabile ma luminosa l'elemento del creato più vicino a Dio. E' quindi necessario che la Chiesa sia inondata di luce e che le finestre siano numerose e dai vetri trasparenti e non dipinti. Questo anche per demarcare una differenza con le chiese di culto protestante, ubicate ne nord europa e quindi spesso dotate delle finsetre strette e istoriate tipiche dello stile gotico. La luce nella fredda ed essenziale chiesa protestante è scarsa e mistificata da colori e forme che la ostacolano e la distorcono; nella chiesa della Controriforma entra maestosa e pura, "rimbalzando" sulle strutture architettoniche e creando effetti scenici e coreografici di grande impatto.
L'altare maggiore e il tabernacolo sono il punto in cui si deve convogliare l'attenzione dei fedeli, quindi quelli che richiedono maggiore ornamento e spettacolarità. L'altar maggiore deve essere ampio almeno otto cubiti ed elevato di tre o cinque gradini (ricorrono sempre i numeri dispari): ove non ci sia sufficiente spazio Carlo suggerisce degli espedienti per farlo sembrare più alto e largo, come quello di espandere la gradinata della cappella maggiore verso la navata con un tracciato poligonale, come appare ad esempio nel duomo di Milano.
Nonostante sia stato edificato molti anni prima e le sue strutture architettoniche gotiche siano praticamente impossibili da modificare secondo i dettami controriformisti, Carlo non rinuncia a rendere la sede della sua cattedra vescovile il più possibile vicina ad una chiesa in linea con le dottrine moderne. Anzi la utilizza come terreno di sperimentrazione e vero paradigma delle innovazioni conciliari, aggiungendo e sovrapponendo al goticio elementi stilistici e decorativi tipici del primo barocco.
Anche il tabernacolo da lui fatto realizzare per quella chiesa segue pedissequamente i dettami del trattato: Sarà ampio in rapporto alla dignità, grandezza ed esigenze della chiesa sul cui altar maggiore si deve collocare. La sua forma sarà ottagonale o rotonda, come più parrà adatta per decoro e pietà alla forma della chiesa. Sulla sommità del tabernacolo vi sarà l'immagine di Cristo che risorge gloriosamente o che mostra le sante piaghe (...)"Inoltre il tabernacolo, poggiato sull'altare con una base ornata e ferma, sostenuto da solidi gradini decorosamente lavorati o da statue di angeli o da altri sostegni decorati con temi religiosi, sarà ben fissato e solido; Basta guardarlo per capire che il tabernacolo concepito dalla controriforma è molto più che una custodia del "corpo di Cristo" ma un oggetto estetico che risponde già ai canoni decorativi del barocco.
L'introduzione dell'effimero
Secondo Carlo l'altare meggiore e il celebrante non devono mai avere come unica "copertura"il soffitto della chiesa, ma devono essere sovrastate da un capocielo a tempietto o badacchino che può essere in muratura, legno o tela e che può anche essere sorretto da colonne. Questa struttura estremamente decorativa e coreografica, che nell'idea di Carlo poteva anche essere smontata per pulirla o per sostituirne alcune parti, tocca la sua vetta massima in quello realizzato da Bernini per la basilica di San Pietro e delimita come un microcosmo che isola l'altare maggiore da tutto il resto dell'edificio e in qualche modo lo approssima al divino "avvicinando" il cielo all'altare e non viceversa. Non sono rari infatti i casi in cui la parte del capocielo che sovrstava l'altare era dipinta con nuvole o stelle. L'utilizzo di queste strutture semoventi ha ispirato l'utilizzo di baldacchini temporanei inseriti nell'assetto architettonico urbano in occasione di festività sacre o di illustri servizi funebri.
Repressione e modernità
Il trattato di Carlo dedica particolare importanza alla Chiesa come luogo separato dal resto del mondo, in cui le ingerenze della "strada" e della mondanità siano limitate al minimo. Deve potersi creare un'atmosfera quasi irreale di estatica contemplazione nella quale neppure un suono dovrà penetrare dall'esterno. Le finestre dovranno essere tutte abbastanza alte affinchè non si possa vedere la pubblica via, specie se vi si tengono spettacoli o se essa è molto frequentata e le imposte, tutte dotate di inferriate, dovranno poter essere aperte solo dall'interno. Quantifica in modo maniacale anche lo spessore dei doppi graticci per i parlatoi e per le grate attraverso cui le monache ascoltano la messa. Nessuna interferenza esterna è ammessa: persino l'acqua che scorre nei giardini del monastero e porta l'acqua agli orti e alle fontane alle quali ci si lavava le mani prima della funzione dovrà passare attraverso un acquedotto completamente coperto affinchè non possa rappresentare un canale di comunicazione con il mondo. Ci sono dettagliate istruzioni anche per il carcere di cui ogni degno monastero dev'essere munito per la punizione di monache insubordinate: Il carcere sarà ben lontano dalla strada pubblica e dagli edifici vicini, anzi, sarà ubicato all'interno del piano superiore del monastero, discosto dai luoghi frequentati dalle monache. Ben munito, solidamente costruito, con una buona volta, avrà una finestrella di un cubito con robuste inferriate, alta dal pavimento, da cui entri poca luce; e avrà una porticina munita di battenti doppi: in quelli interni si aprirà una finestrella piccolissima. La porta sarà chiusa con doppia serratura e doppie sbarre. Esso avrà anche dei ceppi, come è stato raccomandato nelle antiche regole, e delle manette di ferro per legare le monache imprigionate se ce n'è bisogno. Nel carcere non vi sarà il camino, e nessun foro se non la latrina, dotata di sottili tubature.
In queste righe apprendiamo che Carlo è fino in fondo un uomo del suo tempo, un ideologo della Controriforma, ma al tempo stesso dimostra in altri passaggi del trattato una grande attenzione per la sicurezza e la salubrità dei luoghi di culto, come la presenza di "prese d'aria" e di finestre facilmente apribili in caso di esalazioni o incendi in Chiesa. Prevede inoltre un piano dettagliato di pulizia sistematica per gli arredi e gli ambienti sacri, di certo molto più moderno e razionale di quello allora vigente nelle case private e negli ospedali.
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