Difficoltà delle donne artiste
In tutte le epoche, le donne artiste si sono trovate di fronte tre tipi di impedimenti: la mancanza di istruzione specifica, la carenza di contatti professionali, il pregiudizio della società. Un aspirante pittore o scultore diventava apprendista in giovane età e viveva per anni nella bottega del maestro; questa pratica era vietata alle fanciulle, che erano escluse allo stesso modo anche dalle scuole d’arte. Un altro grande ostacolo all’educazione artistica delle donne era costituito dall’impossibilità di studiare il nudo maschile, tema centrale nell’arte italiana rinascimentale e barocca. Tale proibizione riduceva notevolmente la gamma dei soggetti possibili da ritrarre. Inoltre, la società imponeva alle donne severe restrizioni sulla mobilità personale: era difficile viaggiare in altre città, visitare monumenti e collezioni d’arte, studiare i capolavori del passato e del presente. Infine, l’essere vincolate al proprio ambiente domestico limitava le occasioni d’incontro con i committenti, gli umanisti e gli artisti con i quali attuare un proficuo scambio di idee. L’isolamento fisico, intellettuale e artistico costituiva un freno alla creatività e alla possibilità di procurarsi delle commissioni. Per tutti questi motivi, le donne artiste del Seicento e Settecento dovettero attuare diverse strategie per superare i grossi ostacoli connessi alla loro condizione.
Lavinia Fontana, Artemisia Gentileschi, Elisabetta Sirani
Queste grandi pittrici ebbero la fortuna di poter studiare nelle botteghe paterne, prendendo lezioni private, e intrapresero una carriera di successo nell’ambito cittadino.
Lavinia Fontana opera a Bologna, dipingendo inizialmente quadretti devozionali destinati all’ambiente domestico. Il matrimonio con un nobile decaduto, Paolo Zappi, le apre le porte dell’aristocrazia cittadina. Approfittando del nuovo status sociale, diventa la ritrattista preferita dalle nobildonne bolognesi. Lavinia è la prima pittrice europea ad aver praticato l’arte in ambito cittadino al pari dei professionisti uomini, lavorando anche alla corte di papa Clemente VIII dove entra persino a far parte dell’Accademia romana. La sua produzione è il corpus più ampio e vario di un’artista donna vissuta in Europa prima del XVIII secolo; anche il re Filippo II di Spagna acquista una sua pala d’altare al prezzo notevole di 1000 ducati.
Artemisia nasce a Roma da Orazio Gentileschi; dal padre assorbe lo stile caravaggesco e contribuisce a diffonderlo oltre i confini italiani, superando il padre nella vena drammatica che pervade le scene. Nel 1614 l’Accademia fiorentina le apre le porte: è la prima donna ad avere questo riconoscimento. Fatto insolito per una donna della sua epoca, viaggia molto recandosi anche a Napoli e Londra. È una delle prime donne artiste a occuparsi principalmente di soggetti storici, ed è celebre soprattutto per le storie tratte dall’Antico Testamento tra le quali spicca il capolavoro “Giuditta e Oloferne”.Elisabetta Sirani, bolognese come la Fontana, si guadagna la fama di pittrice svelta e tecnicamente preparata. Il padre è un collaboratore di Guido Reni, ed è proprio il grande artista a convincerlo d’impartire un’educazione artistica alla figlia. Anche la Sirani riesce ad ampliare la gamma di soggetti reputati consoni alle pittrici donne, dipingendo non solo ritratti ma anche quadri storici e religiosi. Apre a Bologna una scuola di pittura per sole donne, e la sua opera è tenuta in alta considerazione dai contemporanei nonostante muoia precocemente a soli 27 anni.
Non solo pittrici
Se le donne pittrici sono rappresentate in discreto numero, in Italia e all’estero, ben più esigua è la presenza femminile nel campo della scultura e dell’architettura. Tra le eccezioni c’è Luisa Ignavia Roldan, che nel 1692 diventa scultrice di corte del re Carlo II a Madrid. Titolo confermato poi anche da Filippo V nel 1701. La Roldan nasce a Siviglia da una famiglia di scultori. Raggiunge la fama grazie alle sue terrecotte policrome, in genere di soggetto religioso e di piccolo formato.Plautilla Bricci, invece, detiene il primato di primo architetto donna d’ogni tempo. Suo fratello Basilio era architetto e pittore, e Plautilla collabora con lui nel 1663-65 alla realizzazione di villa Benedetti al Gianicolo, Roma. Dal contratto e dai disegni preparatori emerge che Plautilla è l’autrice del progetto. Successivamente le viene commissionata anche la cappella di San Luigi nella chiesa romana di San Luigi dei Francesi (1672-80). La cappella ha un’architettura imponente che si rifà alle stravaganti opere del Bernini.
Lo “stile femminile”: un pregiudizio?
Nelle opere create da donne, la critica ha per lungo tempo voluto vedere uno stile peculiare, un senso di meticolosità e grazia. Ma certamente parole come raffinatezza, preziosità e grazia sono inadatte per descrivere un quadro della Gentileschi o una cappella disegnata da Plautilla Bricci. È vero che nessuna artista donna si cimentò mai con l’affresco, considerato da Vasari “il più virile di tutti gl’altri modi”; ma questa mancanza si spiega col fatto che era inopportuno per una donna disegnare il nudo dal vero. Questo impedimento ostacola lo sviluppo delle artiste e le costringe a cimentarsi con altri generi: essenzialmente ritrattistica, nature morte, scene di vita domestica e religiosa.
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