“....mostrare al mondo il vanitoso errore degli uomini di possedere essi soli doti intellettuali, e di non credere possibile che possano esserne dotate anche le donne.” (prefazione del Primo libro dè madrigali di Maddalena Casulana, 1568)
Eredi di un mestiere scomodo
L'istruzione musicale delle donne di elevati ceti sociali era un fatto consueto e consolidato nei secoli XVII e XVIII, ma il favorire degli slanci creativi e l'intraprendere una vera e propria carriera artistica erano cose ben diverse, quasi disdicevole o comunque guardata con circospezione.
Per quanto infatti era raccomandabile che una giovane di buona famiglia potesse intrattenere sé e i suoi cari suonando in casa il cembalo o il liuto su semplici intavolature, allo stesso modo era considerato equivoco che una donna facesse sfoggio pubblico di virtuosismo o creatività, ancor più retribuita per farlo.
A dimostrazione di questo sta il fatto che tutte le grandi musiciste dei secoli XVII e XVIII furono supportate nella loro formazione da padri o mariti che già esercitavano (con successo e notevoli riscontri economici) la professione di musicisti, come fecero ad esempio Giulio Strozzi e Giacomo Padoani, che sfruttarono la loro esperienza e conoscenze per far studiare canto alle loro figlie con Francesco Cavalli, maestro di Cappella nella basilica di San Marco nonché uno dei nomi più insigni del panorama musicale secentesco in Italia.
Anche a Parigi l'unica speranza per una donna di diventare musicista è quella di ereditare un mestiere, come accade a Elisabeth-Claude de la Guerre, discendente di una famiglia di costruttori di strumenti e maitresespinetiers.
Donne di malaffare o pioniere?
Anche un'altra categoria di donne aveva accesso ad un'istruzione musicale di grande qualità, soprattutto in Italia: le orfane, le quali non dovevano preservare un onore familiare e potevano accedere anche ad ambiti professionali considerati inaccessibili per le eredi di nobili casate.
Le ragazze che venivano abbandonate presso i numerosi ospedali ed istituti d'accoglienza che proliferavano soprattutto a Napoli e Venezia venivano educate con particolare cura ed apprendevano la tecnica di minimo uno o due strumenti, la cui padronanza avrebbe potuto rappresentare un'occasione per farsi notare da qualche nobile o impresario, spesso presenti ai concerti delle putte (così venivano chiamate), e un'opportunità di lavoro e sostentamento come insegnante o virtuosa.
In ogni caso, le donne che nel barocco, contro tutto e contro tutti, consacrano le loro vite all'arte in ogni sua forma, sono donne estremamente lucide e tenaci che , al di fuori di un tempo che le vuole sobrie, morigerate e del tutto prive di spirito critico, trasformano in spinte creative le violenze, i soprusi e le discriminazioni che sono costrette a subire. Lo stupro è spesso un denominatore comune di queste pioniere che, come nel caso di Artemisia Gentileschi o Antonia Bembo, sublimano la violenza e la crudezza del loro vissuto e del loro secolo in una tatralità tutta barocca che consegna la disperazione e il coraggio di queste donne-artista a tutta l'umanità.
Per approfondire leggi anche le Il "Concerto secreto" delle dame di Ferrara - Le Putte di Coro
Invito all'ascolto: le autrici
Isabella Leonarda Bianca Maria Meda Antonia Padoani Bembo Francesca Caccini Barbara Strozzi Elisabeth-Claude de la Guerre Caterina Assandra Maddalena Casulana