"È difficile immaginare quali casi orribili si verificassero ogni giorno nelle famiglie. Persone in preda agli accessi della malattia e al tormento intollerabile dei bubboni, perdevano la ragione, deliravano e smaniavano, rivolgendo le loro mani contro se stessi, si gettavano dalle finestre o si sparavano. Le madri in preda alla follia uccidevano i loro figli, alcuni morivano di dolore ancor più che della malattia, altri per il terrore senza neppure essere stati contagiati. Altri ancora precipitavano nella disperazione e in una sorta di pazzia melanconica."
D. Defoe, La peste di Londra, 1722.
Commerci fatali
Nella seconda metà del XVII secolo Londra è una delle città più popolose ed attive nel commercio internazionale d'Europa. Pare che la peste sia approdata tramite navi mercantili che trasportavano cotone da Amsterdam. Le Fiandre sin dal 1654 erano state flagellate in varie zone dalla malattia.
I primi a contagiarsi furono i marinai che diffusero il morbo nei quartieri più poveri fuori città.
L'inverno del 1664-65 fu molto freddo e ciò permise di arginare il contagio, che non raggiunse Londra, ma che tuttavia fece numerose vittime nei “suburbs”, mai ufficialmente calcolate.
“Lord, have mercy upon London!”
L'estate del 1665, afosa e torrida, unitamente alle pessime condizioni igieniche, causò una rapida ed esponenziale espansione del contagio. Nel luglio la peste dilagava in centro città e il re Carlo II fu costretto a riparare con la corte ad Oxford mentre il Lord Major e gli aldermanni restarono cercando di organizzare delle misure perlomeno contenitive del contagio.
Sull'esempio del re, quasi tutti i nobili e i professionisti abbandonarono Londra in favore della campagna: solo un piccolo numero di eroici medici, farmacisti ed ecclesiastici, tra cui il vescovo di Londra e l'Arcivescovo di Canterbury, restarono.
Vennero fatte bruciare notte e giorno torce nelle strade per tentare di purificare l'aria, mentre ovunque venivano sperse spezie e resine odorose come il franchincenso per coprire l'orribile puzzo dei cadaveri che si decomponevano nelle case.
Inoltre, le autorità sanitarie, incoraggiarono il consumo di tabacco, attribuendogli proprietà antisettiche e purificanti: un'uso che rimarrà radicato per secoli nelle abitudini degli inglesi, dando vita ad un mercato molto fiorente e risollevando, dopo l'emergenza, molte compagnie commerciali costrette a chiudere i battenti.
I “Bills of Mortality”
Le autorità rimaste in città ebbero l'ingrato compito di tenere il conto dei decessi e delle sepolture, in continuo aumento, raggiungendo il picco di settemila a settimana: quasi 100.000 vittime furono annotate giornalmente su un registro strutturato sull'esempio di quelli compilati nei lazzaretti del nord Italia tra il 1630 e il 1633.
Questo macabro documento fu in seguito pubblicato con l'intestazione di “Bills of Mortality” e come sottotitolo la disperata invocazione “Lord, have mercy upon London” (Signore, abbi pietà di Londra), riprendendo le didascalie di alcune illustrazioni di pestilenze di età elisabettiana.
Su tale libro sono annotate, a partire dal dicembre 1664, anche le vittime dei “suburbs”: tra esse quelle di Eyam, un piccolo villaggio nelle regione del Derbyshire, dove la peste fu importata da un commerciante che aveva comprato del cotone a Londra. Nonostante gli sforzi per contenere il contagio, il 70% degli abitanti morì.
Fuoco purificatore
Alla fine dell'autunno il contagio cominciò a placarsi ed il re decise di rientrare in una città che aveva perso più di un quinto dei suoi abitanti, devastata e stremata economicamente.
Tuttavia numerosi focolai di peste rimasero attivi nei quartieri poveri sino a quando un terribile incendio, divampato il 2 settembre 1666, distrusse gran parte della città, debellando per sempre il morbo dalla Gran Bretagna.