Pierre de Fermat nacque il 20 agosto 1601 a Beaumont de Lomagne, nel sud-ovest della Francia. Figlio di un commerciante di pellami, studiò all'università di Tolosa e intraprese la carriera giudiziaria diventando presidente del parlamento diTolosa nel 1631. Nella Francia del Seicento il parlamento delle città faceva da collegamento esecutivo con la capitale, e in qualità di presidente Fermat fu uno scrupoloso esecutore politico nonché magistrato e giudice.
Fermat intratteneva una fitta corrispondenza con matematici di tutta Europa, come Digby e Wallis; questi carteggi ci consentono di dare uno sguardo alla sua attività matematica. In quel periodo in Francia imperversava la peste, che per poco non uccise anche Fermat. L’epidemia consentiva ai sopravvissuti di fare carriera: essi dovevano essere abili equilibristi per sopravvivere anche alle repentine svolte politiche della Francia del Seicento.
Fermat però non era ambizioso, e impegnò il suo ingegno nello studio della matematica pur restando un dilettante, o meglio il Principe dei dilettanti, come scrisse E.T. Bells. Il suo talento per i numeri era però tale da esser considerato un matematico professionista non solo all'epoca, ma anche in giorni più recenti. La matematica nel XVII secolo godeva di scarsa considerazione e la si poteva imparare privatamente, tant’è che in Europa la sola università di Oxford poteva annoverare la cattedra di matematica, creata nel 1619.
I matematici dell'epoca erano quasi mezzi dilettanti e Fermat lontano dalla capitale francese non poteva frequentare gli scienziati del tempo come Pascal, Gassendi o Marsenne. Bisogna inoltre considerare che all'epoca la matematica veniva usata per risolvere complessi problemi contabili che venivano posti ai matematici dai commercianti, per cui i metodi e le formule venivano tenute nascoste per conservare la reputazione di esser i soli a saper risolvere i calcoli.
L'attività matematica in Francia all'epoca di Fermat fu animata dal frate Marsenne, che organizzò un circolo, che anticipò la formazione dell'accademia di Francia. Convinzione di Marsenne era che la matematica dovesse esser divulgata per il bene dell'umanità, tant'è che minacciava di rivelare i segreti dei matematici se si fossero rifiutati di presiedere alle riunioni del circolo e scambiare informazioni per progredire nella materia. Marsenne non si fece problema di divulgare gli scritti filosofici di Cartesio, arrecandogli noie con la Chiesa per i suoi scritti teologicamente non ortodossi.
La collaborazione con i grandi matematici
Fermat e Marsenne ebbero una fitta corrispondenza; ma il magistrato francese, timido e riservato, si rifiutò sempre di condividere i suoi lavori nonostante le esortazionie l’influenza che il frate di Parigi aveva su di lui. Non era ambizioso, né era interessato a pubblicazioni e riconoscimenti. Aveva però un carattere istrionico, e si divertiva a provocare i suoi colleghie a proporre loro teoremi senza dimostrazione sfidandoli. Cartesio lo definiva “sbruffone” e i matematici inglesi lo avevano parecchio in antipatia. Anche Pascal lo invitò a pubblicare ma lui si schernì sempre, anche per la gran comodità di non dover render conto a nessuno dei suoi lavori nè dover dimostrare i risultati ottenuti; in questo modo era al riparo dalle critiche e poteva procedere indisturbato verso i suoi traguardi segreti.
Oltre a Marsenne, la persona con cui più condivise l’arte matematica fu Pascal: questi lo iniziò allo studio del calcolo delle probabilità ottenendo i primi risultati su una materia del tutto nuova ma che all’epoca era di moda, dato il crescere del gioco d’azzardo in società. Preziose scoperte, quindi, quelle dei due matematici: Pascal, folgorato dal nuovo gioco della probabilità, era perfino convinto di poter usare questo calcolo per giustificare l’esistenza di Dio.
Oltre a dilettarsi con calcoli funzionali al gioco d’azzardo Fermat approfondì lo studio del calcolo differenziale, che consiste nella capacità di calcolare il tasso di variazione, o derivata, di una quantità rispetto ad un'altra. Newton stesso si avvalse del lavoro del francese per carpire a fondo il calcolo differenziale. Questo calcolo fu usato per descrivere le leggi della meccanica e mettere in relazione velocità, distanza e accelerazione.
Come magistrato Fermat si teneva lontano dalla società, e in solitudine attendeva ai suoi studi. Una branca della matematica che lo colpì molto fu la teoria dei numeri, alla quale fu iniziato dallo studio de “l’Arithmetica” di Diofanto. Quest’opera fondamentale per l’aritmetica moderna raccoglieva secoli di studi matematici da Pitagora a Euclide che erano stati abbandonati dai tempi dell’incendio alla biblioteca di Alessandria. Solo con la traduzione latina di questa opera nel 162, ad opera di Claude Gaspar Bachet de Méziriac, fu possibile riprendere tali studi tralasciati per secoli. Diofanto dava la spiegazione dettagliata dei problemi, ma purtroppo per noi a Fermat non interessava essere altrettanto esaustivo con i posteri, o renderli partecipi delle sue scoperte. Per lo più scarabocchiava quanto gli bastava per esser certo della soluzione dei problemi, e poi cestinava il foglio. Fortuna volle che la copia latina dell’”Arithmetica” avesse ampi margini di pagina, sui quali cui il pigro matematico appose scarne annotazioni divenute preziosissime per i suoi colleghi professionisti del futuro.
Ai matematici piace giocare coi numeri, in special modo quelli curiosi; il francese riuscì a trovare nel 1636 una nuova coppia di numeri amicabili che consistono in coppie di numeri tali che ogni numero è la somma dei divisori dell’altro. La coppia scoperta, usata per secoli come simbolo di buon auspicio, è 220-284 poiché i divisori di 220 sono: 1,2,4,5,10,11,20,22,44,55,110 e la loro somma dà 284; mentre 1,2,4,71,142 sono i divisori di 284 la cui somma è 220. Nel 1636 Fermat scoprì un'altra coppia: 17.296 e 18.416; Cartesio scoprì la coppia 9.363.584 e 9.437.056; Eulero elencò successivamente ben sessantadue coppie. Il magistrato francese si divertì molto a sfidare i matematici inglesi nello trovare una dimostrazione che spiegasse come mai il numero 26 è l’unico numero tra un numero quadrato e uno cubico: lui era riuscito a spiegarlo e provocava i suoi colleghi professionisti.
L’ultimo teorema di Fermat
Leggendo il secondo libro di Diofanto, il matematico francese si imbattè nel teorema di Pitagora e le osservazioni contenute nel testo; al che, partendo dall’equazione del teorema (x²+y²=z²), considerò lo studio di una variante (x³+y³=z³). Questa nuova equazione non aveva apparentemente nessun risultato a numeri interi: parecchi tentativi rivelarono che non era facile trovare un numero al cubo che, sommato a un altro numero al cubo, desse a sua volta un numero al cubo. Si rese conto subito che altrettanto valeva per equazioni che avessero esponenti più alti di 2: xⁿ+yⁿ=zⁿ dove n rappresenta 3,4,5,6, eccetera. Fermat a margine del testo annotò in latino: è impossibile scrivere un cubo come somma di due cubi o una quarta potenza come somma di due quarte potenze o, in generale, nessun numero che sia una potenza maggiore di due può essere scritto come somma di due potenze dello stesso valore.
Vicino a questa teoria scrisse un’ulteriore nota: dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina.
Queste due ultime righe divennero il cruccio di tutti i matematici futuri, poiché tale dimostrazione non la rivelò mai a nessuno. Questo è il famoso ultimo teorema di Fermat del 1637, per cui il magistrato francese, il dilettante matematico, acquistò una fama che dura ancora oggi.
Il 12 gennaio del 1665 Fermat, ammalato gravemente, morì nella città di Castres lasciando insoluto e sconosciuto il suo teorema. Fu il figlio Clement Samuel - che conosceva il talento e le scoperte paterne – che si prese la briga di raccogliere tutti i suoi appunti e redigere un edizione speciale dell’”Aritmetica” che uscì a Tolosa con il titolo L’Arithemtica di Diofanto con le osservazioni di P. de Fermat. La comunità scientifica apprese con questo libro una sequela di teoremi, tutti senza dimostrazione, ma che mostravano grande intuizione e soprattutto ponevano grandi interrogativi e interessanti sfide.
Il primo a cimentarsi con i teoremi di Fermat fu il matematico Leonard Euler che nel 1749, dopo sette anni di lavoro, riuscì a dimostrare il teorema sui numeri primi; ma il lavoro era ancora tanto. Ogni singolo teorema, se dimostrato, diventa una pietra fondamentale nella matematica che è possibile utilizzare per altre scoperte; per cui i teoremi di Fermat dovevano essere tutti dimostrati, non era possibile credere che fossero validi sulla fiducia.
Col tempo - ben 350 anni - tutti i teoremi di Fermat e le sue annotazioni furono dimostrati, ma rimase l’ultimo Teorema, che per secoli non fu scalfito dal lavoro persistente e continuo dei migliori matematici moderni e contemporanei. Sono stati e sono ancora scritti oggi dei libri in merito a questo teorema, e sicuramente ne verranno scritti anche in futuro. Nel 1958 il teorema di Fermat entrò anche nella letteratura, nel racconto Patti con il diavolo di Arthur Poges.
Non lascio in sospeso questa storia: nel 1994 Andrew Wiles a Cambridge tenne la più importante conferenza matematica del secolo, dopo sette anni di studio intenso e segreto riuscì a realizzare il sogno della sua vita dimostrare il teorema di Fermat.
Per la dimostrazione e la meravigliosa storia che porta con se non posso che consigliarvi al lettura del libro: L’ultimo Teorema di Fermat di Simon Singh.
La storia però non è finita perché la dimostrazione di Wiles è molto complessa ed utilizza teorie di molto successive alla matematica del diciassettesimo secolo, per cui per quanto dimostrato non è la dimostrazione che potrebbe aver dato Fermat. Successivamente ci sono state altre dimostrazioni più recenti che tuttavia attendono il vaglio della comunità scientifica internazionale.