D’Ors afferma che “legato intimamente al Barocchus alexandrinus è il Barocchus romanus, al punto di esserne anche una specie di varietà.” Infatti i due movimenti culturali si compenetrano ed è arduo, talvolta, stabilire quando in una regione finisce l’alessandrino e comincia il romano: forse la conquista romana, ma non sempre, come i paesi della Grecia e dell’Oriente dimostrano. Sta inoltre il fatto che le due arti derivano una dall’altra, i Romani dovendo molto, sin dal loro esordio, alla Decadenza greca.
Ma veniamo ai particolari. Non è facile distinguere l’arte di Roma dell’età regia e dei primi secoli della Repubblica da quella etrusco-italica. La caratteristica romana del verismo si esplicò soprattutto attraverso i ritratti, derivanti anche dalle imagines maiorum. Un deciso orientamento del gusto romano verso l’arte greca si ebbe con l’arrivo a Roma di statue e quadri greci, nonché di oreficerie e argenterie ellenistiche. Il ritratto, che soprattutto nell’età sillana fu crudamente veristico, per altri aspetti appare influenzato da tendenze ellenistiche.
La pittura, nota soprattutto nel suo aspetto di pittura decorativa parietale, appare genericamente ellenistica nel cosiddetto primo stile (detto anche primo stile pompeiano), a riquadri imitanti il marmo, ma già intorno al 100 a. C. con l’inizio del secondo stile, presenta prospettive architettoniche originali.
Realismo romano, motivi ellenistici, gusto classicheggiante sono le componenti del “classicismo augusteo”, caratterizzato da grandissima perfezione tecnica e formale. La conquista dell’Egitto portò all’introduzione di motivi egizi o egittizzanti (pigmei, coccodrilli ecc.) dell’arte alessandrina, che si aggiunsero, se pure come moda temporanea, alle altre componenti ellenistiche, soprattutto nella pittura e nel rilievo.
I ritratti dell’età giulio-claudia mostrano, già con Caligola e poi con Claudio e Nerone, notazioni più realistiche e ricerca di caratterizzazione, e il rilievo storico una sintassi più complessa e l’introduzione di sfondi architettonici con preciso valore topografico: la pittura acquistò toni sempre più impressionistici e sommarii e si espresse sia con la riproduzione di quadri celebri (terzo stile pompeiano) inquadrati in complesse scenografie architettoniche, sia con la raffigurazione di scene di vita quotidiana.
Alcuni rilievi aulici dell’età dei Flavii sono caratterizzati dall’inserimento della figura nello spazio, con sovrapposizione di piani che dà ai rilievi un vivo senso luministico; altre opere meno ufficiali si distinguono invece (ancora) per il vivace realismo. Nei ritratti, il raffinato chiaroscuro della superficie delle carni contrasta con quello ben più accentuato delle baroccheggianti chiome femminili a nido d’ape. La pittura delle pareti del cosiddetto quarto stile di Pompei (precedente l’eruzione del 79), piene di fantasia e chiaramente impressionistiche, si ispirò probabilmente a quelle, in molte parti distrutte, del pittore Fabulo o Amulio della Domus Aurea di Nerone.
Le tendenze plastiche e coloristiche dell’età dei Flavii si accentuarono nell’arte traianea, ricca di effetti chiaroscurali, in cui i diversi elementi formali genericamente ellenistici sono fusi in una composizione pienamente romana, nell’espressione artistica caratterizzata da una grande espressività e da un’attenta ricerca psicologica.
Altrettanta vivacità e la tendenza verso un pittoricismo barocco caratterizzano l’arte degli Antonini, in particolare i ritratti. Il pittoricismo è particolarmente accentuato nel fregio della colonna coclide di Marco Aurelio, dall’espressività forte e drammatica.
Esuberante fu la scultura dell’età dei Severi, dal vivace colorismo barocco, documentata a Roma dall’arco di Settimio Severo, che nelle file sovrapposte di figure ripete lo schema del fregio continuo.
La scultura romana del III secolo è rappresentata soprattutto da ritratti, caratterizzati spesso da lineamenti contratti e dolorosi, e dai sarcofagi, con figure sovraffollate e talora deformate, ma di intensa espressività e talora con figurazioni simboliche genericamente orientali. Nella pittura si ha un prevalente impressionismo, anche nella sorgente arte cristiana; importanti i numerosi mosaici africani con vivaci scene realistiche ispirate alla vita della regione.
Nel grande arco di Costantino a Roma, i fregi con la guerra contro Massenzio e con scene di pubblica cerimonia sono caratterizzati da una geometrizzazione cubistica delle figure sproporzionate e da un fortissimo gioco di luci e di ombre.
Alcune sculture dei primordii, dal chiaro sapore ionico, avevano però un atteggiamento vero, esprimentesi con tensione e urla già ellenistiche. Nel ritratto il romano era minuzioso, particolareggiato in tutto: non era qui per dimostrare il bello fisico o morale, ma per dire: “Io sono un tipo.”
Lo stile corinzio delle cime delle colonne dei templi sotto il frontone venne da Vitruvio assorbito e modificato, creando lo stile composito, un misto tra ionico e corinzio. Mentre l’uomo greco dell’età aurea era idealizzato, non dava importanza alle cose terrene come a quelle spirituali, l’uomo romano invece confidava nel suo agire e fare e produceva opere di fine utilitaristico, dimostrandosi lui misura delle cose: i templi spesso erano di piccole dimensioni, fatti a misura d’uomo, dove l’uomo non si perdeva.
Altrimenti un’altra innovazione romana era l’edificazione di edifici semicircolari, l’utilizzo degli archi venendo ripreso dalle forme etrusche. Si dava importanza alla casa, alla singolarità. Erano monumentali: l’uomo romano si creava una singolarità, mirava all’individualismo, all’affermarsi con forme ben chiare, visibili, proprie che lo distinguessero da un altro.
La pittura ancor più dell’architettura sottolinea l’individualità romana: vi era, come già detto sopra, una ricerca reale dei tratti concreti del volto, non psicologica. Sempre vestiti perché l’aggiunta dell’abito alla figura conferiva maggiore prestigio, come l’abitazione. Il dipinto era molto dettagliato, guardava minuziosamente alle cose che ci circondano terrenamente.
Il classicismo in generale è rappresentato dagli elementi di compostezza, calma, ordine, il contrario di caos, disordine, frenesia. La compostezza formale greca esprimeva un mondo ideale, quella romana un mondo reale, “barocco”.
Ultimo ragguaglio sulla letteratura, cui non dedicheremo più di tanto. Imparentato con l’alessandrino, il romano, già nella fase arcaica, attinge a piene mani agli scrigni greco-alessandrini e ne ingioiella i versi di aggettivi, stilemi, metafore e sintagmi. L’arcaismo latino è già decadente, già barocco in partenza. I primi poeti furono infatti quasi tutti magnogreci trapiantati nell’Urbe: Livio Andronico, tarantino; e Quinto Ennio, leccese; e poi Nevio, che fu completamente romano.
Poco più di un secolo più tardi abbiamo Lucrezio, il cui esametro allitterante ricalca il modello enniano e sarà imitato da Virgilio (Virgilio che imita Lucrezio che imita Ennio, in un gioco di scatole cinesi che è veramente cosa barocca). Catullo imita il modello greco ellenistico e, per tornare a Virgilio, i quattro poeti augustei, l’ultimo detto, Properzio, Tibullo e Ovidio, sono veramente aurei, non nel senso dell’aurea mediocritas classica ma inconsapevolmente precursori del “dorato Seicento”, soprattutto l’ultimo col suo culto per la metamorfosi (che dà titolo alla sua opera più famosa).
Gli storici Sallustio e Tacito praticarono l’uso dell’ellisse (frasi senza verbo o con verbo all’infinito), figura barocca che Sarduy, come vedremo, attribuirà alla metaforizzazione delle poesie del poeta spagnolo secentesco Gongora, anche se con altro significato.
Barocco e Barocchi Barocco Primitivo Barocco Arcaico Barocco Macedone Barocco Alessandrino Barocco Romano Barocco Buddhista Barocco Pelagiano