Testo di Enrico Ercole, tratto da Pet Life -“I gatti a pelo lungo e semilungo”, Sprea Editore
Oggi è normale vedere gatti a pelo lungo di diverse razze, anche se molte in realtà appartengono alla categoria definita a pelo “semilungo”.
Persiano, Somalo, Norvegese, Siberiano e Angora sono razze ricercate, più o meno diffuse, ben note al grande pubblico. Quello che non forse tutti sanno è che questi “preziosi” mici ci tengono compagnia solo da quattrocento anni o poco più. Sono infatti arrivati in Europa, forse dall’Oriente, nella prima metà del XVII secolo.
Non che prima non esistessero gatti a pelo lungo, ma si trattava di casi dovuti a mutazioni genetiche casuali che davano vita a colonie dal pelo poco più lungo di quello raso. Già l’imperatore Augusto scrisse: La mia gatta dal pelo lungo e dagli occhi gialli, intima amica della mia vecchiaia.
Pietro Della Valle
Se oggi possiamo annoverare un discreto numero di razze a pelo semilungo e lungo lo dobbiamo al viaggiatore Pietro Della Valle. Nobile romano, a soli 28 anni, a seguito di una delusione d’amore, nel 1614 decise di intraprendere un lungo viaggio verso Oriente. In undici anni e otto mesi attraversò l’Egitto, la Turchia, la Persia per arrivare fino in India.
Testimonianza di quell’avventura sono rimasti i suoi diari e le lettere che inviava regolarmente all’amico Mario Schipano. Fu durante la tappa in Turchia che si imbatté in alcuni magnifici gatti dal pelo lungo e morbido: La loro grandezza e la loro bellezza stanno nel colore e nel pelo sottile, lucido, delicato come la seta e così lungo che, pur essendo riccio, in qualche punto è ricadente e inanellato, in particolare alla gorgiera, sul petto e sulle gambe.
La parte più bella del loro corpo è la coda, molto lunga e tutta ricoperta di peli lunghi e sottili, che i gatti portano rovesciata sul dorso, come gli scoiattoli; la punta tenuta in alto a forma di pennacchio, è molto gradevole a vedersi”. Della Valle fece però di più che descriverli: se ne portò a Roma qualche esemplare che non mancò di attirare l’attenzione dei nobili più eccentrici e delle dame più alla moda.
Il loro successo fu incredibile, tanto che si provvide a incrociare tra loro quei magnifici animali ottenendo così i primi gatti a pelo lungo della storia. Saputo del grande favore che quei gatti riscuotevano in Occidente, i sultani turchi cominciarono a inviarne in regalo ai più potenti monarchi Europei.
Fu così che il pelo lungo conquistò l’Europa.
A Versailles
I gatti provenienti dalla Turchia divennero subito oggetto di ammirazione presso le corti europee più influenti. Luigi XV ne ricevette uno in dono dall’ambasciatore turco. Battezzato Brillant, a quel micio, che pare fosse assai grasso ma molto docile, vennero riconosciuti privilegi non concessi a principi di alto lignaggio.
Il conte Dufort de Cheverny ci ha lasciato un gustoso racconto che testimonia quanto quel gatto fosse tenuto in gran conto. Una sera stavamo aspettando il Re che facesse ritorno dai Petits Appartements” racconta Dufort. “Louis Quentin de Champcenetz, primo valletto di Sua Altezza, che era con noi, a un tratto ci disse: ‘Sapete che posso far ballare un gatto per qualche minuto?’. Gli chiedemmo come fosse possibile. Champcenetz prese allora una bottiglia di Eau de Mille Fleur dalla sua giacca e ne strofinò un poco sulle zampe del gatto di Sua Altezza. Appena il gatto sentì quell’odore cominciò a saltare per tutta la camera, sui tappeti, attorno al tavolo del Re, leccandosi e facendo piroette. Entrò il Re. Ognuno riprese il suo posto. Avendoci udito ridere Sua Altezza chiese: ‘Signori, cosa vi diverte tanto?’. Champcenetz rispose che ridevamo a una sua storiella, ma in quel mentre il gatto cominciò di nuovo a saltare e contorcersi leccandosi le zampe. Al che il Re aggiunse accigliato: ‘Signori, che sta succedendo qui?’. La sua domanda esigeva una risposta e Champcenetz gli raccontò l’accaduto. Sua Maestà, pur sorridendo divertito, aggiunse con tono severo: ‘Signori, vi lascio, ma se volete divertirvi, assicuratevi di non farlo alle spese del mio gatto!’. Pare che il gatto del Re non abbia ballato mai più.
Sempre uno degli amatissimi Angora di Luigi XV fu involontario protagonista di un evento che viene spesso riportato come esempio lampante diquanto la vita a corte fosse regolata nel più minino dettaglio e di quanto a ogni persona fossero concessi doveri e privilegi. Pare infatti che un giorno, durante la cerimonia del levér della regina Maria Leszczyńska, moglie di Luigi XV, una duchessa del seguito avesse buttato il proprio mantello su uno degli sgabelli che solitamente erano destinati alle nobildonne con il cosiddetto diritto “alla seduta”. Un valletto di camera, accortosi del grave e imperdonabile errore, raccolse il mantello e lo pose su una panca dell’anticamera. Il gatto della regina, trovato il mantello sufficientemente morbido e candido per i suoi gusti, pensò bene di espletarci i suoi bisognini. Non appena la duchessa se ne avvide, corse dalla regina pretendendo il risarcimento del costo del mantello e lamentandosi della maleducazione dei suoi servi. La regina Maria, nota per essere una donna calma e mai eccessiva, rispose con tono pacato: Innanzitutto Voi avrete forse dei servi, non io. Io ho ufficiali della mia camera che si sono comperati l’onore di servirmi, uomini beneducati e istruiti. Se Voi aveste osservato le regole che competono al Vostro rango, il Vostro mantello non sarebbe stato riposto sulle panche dell’anticamera. Lezione imparata.
Un’altra grande estimatrice di quei gatti preziosi fu Maria Antonietta, la regina ghigliottinata dai rivoluzionari nel 1793. Stando alla leggenda si dovrebbe proprio alla progenie di quei gatti reali la diffusione del pelo lungo in America. Si narra infatti che Lafayette, in previsione di dover organizzare la fuga della famiglia reale dalla Francia in odor di rivoluzione, abbia spedito oltreoceano alcuni effetti della regina, tra cui qualche esemplare dei suoi amatissimi gatti. Incrociatisi con i grossi gatti selvatici delle foreste del Nordamerica, quei mici aristocratici avrebbero dato il via a una selezione naturale di gatti a pelo lungo. Tra questi ci sarebbero i progenitori del Maine Coon.
Un “lungo” successo
Per l’aristocratico e il ricco borghese del XIX secolo possedere un gatto a pelo lungo, magari un magnifico Angora bianco, era ancora considerato un segno distintivo, una testimonianza di buon gusto e benessere. Tuttavia, l’Ottocento, con la sua mania per le novità e il progresso, portò a necessità diverse anche in ambito catofilo. È così che fece la sua comparsa in Europa una nuova razza dal pelo lunghissimo, con il corpo assai robusto e il carattere placido e salottiero: il Persiano. Difficile dire se sia stato ottenuto partendo dagli Angora Turchi oppure se sia una razza importata da oriente, forse imparentata col selvatico Manul, fatto sta che quel micio conquistò subito tutti. All’esposizione del 1871, al Crystal Palace, i primi Persiani fecero scalpore: perfino la regina Vittoria, grande amante dei cani, ne volle alcuni da portare a palazzo. L’Angora cedette quindi il passo al cugino Persiano, il cui nome urla esotismo ma le cui radici genetiche sono forse più europee di quel che si crede. E dal Persiano si svilupperono, a partire dagli anni Cinquanta, molte delle razze a pelo semilungo che oggi conosciamo. Altre razze provengono sempre da Oriente, dove pare che il gene portatore del pelo lungo abbia avuto maggior diffusione “naturale” che in Europa. A tele proposito va ricordato che, stando a studi recenti, pare che il progenitore dei gatti a pelo lungo sia da ricercare più nei gatti nordici, come il Norvegese delle Foreste e il Siberiano.