Francesco II d’Este, mecenate artistico e musicale
Francesco II d’Este (Modena, 1660 - Sassuolo, 1694), decimo duca di Modena, è celebrato soprattutto come singolare mecenate e raffinato cultore dell’arte musicale, doti che esplicò incentivando attività e concerti e mantenendo con stipendio a corte maestri di musica quali Alessandro Stradella e Alessandro Scarlatti. Francesco era figlio del duca Alfonso IV d'Este (Modena, 1634 - 1662), successore del celebre Francesco I, e di Laura Martinozzi (Fano 1639 - Roma 1687), una delle cosiddette mazzarinettes, le famose nipoti del cardinale Mazzarino. Francesco II divenne duca a soli due anni in quanto il padre morì dopo soltanto quattro anni di regno; il ducato passò quindi sotto la reggenza della madre Laura, che si trovò la responsabilità, a ventitre anni, della gestione dello Stato Estense. Il giovane duca nel 1674, al compimento del quattordicesimo anno d’età, spodestò la madre, su istigazione del cugino Cesare Ignazio, approfittando del viaggio compiuto da Laura in Inghilterra in occasione delle nozze della figlia Maria Beatrice con il principe di York, Giacomo II Stuart, futuro re d’Inghilterra.
Poco incline alle ‘noiosissime occupationi’ di Stato, Francesco II fu d’altro canto promotore di un’intensa attività culturale nella città di Modena, tra cui il rinnovo dell’Università, la fondazione dell’Accademia dei Dissonanti, il proseguimento delle opere architettoniche e decorative nel Palazzo Ducale, il riordino della Biblioteca Estense.
L’interesse di Francesco II era rivolto a tutte le arti, tra cui anche quelle minori, agli oggetti curiosi e bizzarri e di alto artigianato. In questo campo, il duca raccolse opere di straordinario valore, mostrando l’inclinazione a una ricerca quasi ossessiva del pezzo raro, curioso, prezioso, in linea con il gusto per l’artificio barocco di una corte, che voleva consolidare per la propria città lo status di capitale. Tale collezione di ‘meraviglie’ rispondeva soprattutto a raffinate esigenze estetiche atte ad esaltare il gusto collezionistico del principe, in concomitanza alla visibilità europea, cui gli eventi dinastici lo avevano esposto, quali la proclamazione nel 1685 della sorella Maria Beatrice, sposa di Giacomo Stuart, a regina d’Inghilterra, e la nomina a cardinale dello zio Rinaldo nel 1686.
In questo contesto, si colloca la singolare e preziosa collezione di strumenti musicali, che il duca commissiona a partire dal 1686, tra i quali un violino e un violoncello in legno intagliato, e quattro strumenti (un flauto, una viola, una chitarra e un cembalo) intarsiati in marmo di Carrara, oggi conservati alla Galleria Estense di Modena.
Gli strumenti musicali in marmo
Come riferisce Girolamo Tiraboschi nelle sue Notizie de' pittori, scultori, incisori, architetti natii degli stati del duca di Modena (1786), era tornato da Massa Carrara a Modena nel 1686 Pietro Bertacchini, chitarrista e tiorbista originario di Carpi, in quegli anni, tra il 1685 ed il 1696, al servizio della famiglia Cybo. Il Bertacchini presentò al duca «una chitarra in marmo, e volse l’Altezza Sua ch’io gliela sonassi in camera, che molto le piacque una tanta meraviglia fabbricata dal Sig. Michele Grandi, qual’era di persona venuto in compagnia da Carrara a Modena; e n’hebbe in suo regalo venticinque doppie, e la commissione di fabbricare un Cembalo pure di marmo, che in sei mesi lo portò all’Altezza Sua con quattro flauti ed una cornetta, tutto di marmo, cose bellissime».
La chitarra citata dal Tiraboschi, fu infatti realizzata dallo scultore Michele AntonioGrandi (Carrara 1635-1707), e portata a Modena dal musicista carpigiano Pietro Bertacchini nel 1686, durante il suo viaggio di ritorno da Carrara, dove era al servizio dei Cybo, alla sua terra natale per ordine dal duca. I contatti tra le due corti appenniniche, favoriti da ragioni di vicinanza geografica, erano stati rafforzati nel tempo dalle parentele dinastiche e ciò aveva promosso la mobilità degli artisti. Gli strumenti musicali in marmo rientrano dunque a pieno titolo nella amichevole dinamica di scambio tra le due corti, in quanto oggetti di raffinatezza artistica assoluta.
La chitarra era stata dunque realizzata interamente in marmo bianco, con disegni geometrici, fregi floreali e vegetali realizzati con riempimenti in pasta di marmo nera sia sulla tavola armonica quanto sulle fasce e, parzialmente, sul cavigliere. La bellezza del manufatto del Grandi e l’abilità esecutiva del musicista carpigiano furono all’origine del successivo ordine del cembalo di marmo destinato ad arricchire la collezione ducale.
In soli sei mesi, dunque, Michele Antonio Grandi consegnò al duca un cembalo realizzato da un unico blocco di in marmo, oggetto unico al mondo, un autentico capolavoro di raffinatezza ed eleganza. Il cembalo, fu condotto a Modena dallo scultore in persona e dal figlio Giacomo nel 1687. Il manufatto è ornato sulla superficie da motivi a rilievo con girali di foglie d’acanto, sul fianco da un mazzo di fiori all’interno di un anello, sul coperchio da un vaso di fiori con un uccellino, rosette e bacche alternate a motivi geometrici. Questi motivi decorativi fanno tutti parte di un repertorio riconducibile alla scuola del Bernini. La sottigliezza del marmo, tale da permettere effetti di trasparenza, e la raffinatezza del sottile contrasto cromatico tra parti lisce e opache, conferiscono al cembalo un’eleganza rara.
Un altro aspetto veramente sorprendente di questi strumenti, oltre all’indubbia capacità di suscitare nello spettatore stupore e ‘maraviglia’, è il fatto di essere stati concepiti per suonare, come testimoniano le fonti storiche e documentarie, coniugando così aspetto estetico ed esigenza sonora.
La collezione estense di strumenti in marmo era completata da quattro flauti, una cornetta e un violino. Dei quattro flauti di cui si ha notizia, oggi si conserva un flauto dolce realizzato in marmo conchigliare lumachella. Lo strumento ha una lunghezza di 34 cm e presenta un tubo a forma conica nella parte terminale. E’ probabile che sia opera di Michele Antonio Grandi e facesse parte della serie di strumenti sopraggiunti a Modena nel 1687, su commissione di Francesco II.
Completa la collezione, il violino realizzato dall’artista carrarese Giovanni Battista Cassarini in marmo bianco statuario con delicatissimi intagli in pasta di marmo lavorata nei colori rosso e giallo di Siena. All’interno, sul fondo, appare incisa la seguente iscrizione: «D.O.M./Jo Baptista Casrini/Carrara 1687».
Il violino e il violoncello in legno intagliato
Domenico Galli (1649-1697), intagliatore, decoratore e calligrafo di Parma, è l’artefice di due pregevoli strumenti, un violino e un violoncello, riccamente intagliati a motivi allegorici, costruiti per Francesco II d’Este.
Il violino fu realizzato nel 1687 e presenta, in un piccolo medaglione in cima alla testiera, un’iscrizione con la dedica dell’artista al duca: «SER.MA ALT.ZA / La mia dolcezza animata dal commando gusto di V.A.S. ardisce sperare benigno gradimento di quest’opra che figlia de di lei serenissimi cotante bocche quanti sfori mostra, ambisce pubblicare all’universo / Parma il di P.mo Sett.bre Div.oet ob.oS.o Do.o Galli». Lo strumento, traforato, scolpito e inciso con raffinate sculture e arabeschi, ha il fondo, le fasce e il manico realizzati da un unico pezzo di acero a marezzatura stretta.
Il violoncello fu offerto dall’artista a Francesco II d’Este l’8 settembre 1691 insieme a una raccolta di 12 sonate, il Trattenimento musicale, composte e trascritte dallo stesso Galli. Infatti al centro dell’aquila bicipite, presente sulla tavola armonica, compare un’iscrizione in minutissima calligrafia, da cui risulta chiaro che il violoncello di Galli e la sua musica erano state concepite in stretto rapporto tra loro. Questo magistrale artefice fu dunque non solo intagliatore, trascrittore e calligrafo, ma anche originale liutaio, compositore e, presumibilmente, anche esecutore.
La collezione musicale di Francesco II oltre agli oggetti più evidentemente ‘da collezione’ si completava infine di straordinari strumenti d’uso (un violoncello di Stradivari, violini cremonesi, cembali di Bombini e Ossa, spinette di Giovannini, organi del Colonna, ecc.). Ciò a testimoniare la volontà di Francesco II di creare a Modena, attraverso una raffinata e intelligente opera di mecenatismo, un centro di cosmopolitismo culturale, conseguendo così la vera ‘maraviglia’ barocca.