La «nuova cucina» del Settecento ama distinguersi dalla «pesante» tradizione dei secoli precedenti celebrando la leggerezza, la delicatezza, l’intelligenza delle nuove preparazioni. François Marin, auore di un celebre testo di cucina (Les dons de Comus) pubblicato nel 1739, si rifà addirittura alle scoperte della chimica.
Da più di due secoli si conosce la buona cucina in Francia, ma si può asserire, senza prevenzione, che non è mai stata così delicata e che non si è mai lavorato correttamente come ora, né con gusto così fine.
Si fa oggi distinzione, presso la gente del mestiere o presso quanti si piccano di tenere una buona tavola, fra la cucina antica e la cucina moderna. La cucina antica è quella che i Francesi hanno diffuso in tutta Europa e che si seguiva generalmente meno di venti anni fa.
La cucina moderna si fonda sui principi dell’antica e ne conserva la varietà, ma con meno complicazioni e con procedimenti più spediti: essa è più semplice, più accurata e forse ancora più sapiente. La cucina antica era molto laboriosa ed eccessivamente minuziosa.
La moderna è una specie di chimica. Oggi la scienza del cuoco consiste nello scomporre, nel far digerire e nel valorizzare la quintessenza dei cibi, nel ricavare dei sughi nutrienti e leggeri, nel mescolarli e confonderli insieme, in modo che nulla domini e tutto si faccia sentire; infine nel dare ai cibi quell’amalgama che i pittori danno ai colori, nel renderli così omogenei che dei loro differenti sapori non risulti che un gusto fine e piccante ad un tempo, e, se posso dirlo, un’armonia di tutti i gusti riuniti insieme.