Il tabacco in Italia fu portato dal Cardinale Prospero Santacroce nel 1565 e la sua foglia ebbe una straordinaria fortuna.
All’inizio la polvere veniva usata come starnutatorio; venduta dagli speziali era chiamata anche cristerium nasi per la funzione che le veniva attribuita. Successivamente la foglia di tabacco
fu masticata e fumata, arrotolandola o sbriciolandola nella pipa.
Le virtù del tabacco
Al tabacco venivano attribuite speciali virtù quali riscaldare, risolvere, astergere,confortare e consolidare. Era inoltre raccomandato a tutti coloro che volevano o dovevano mantenersi casti. La foglia di tabacco era infatti ritenuta di temperatura calda e secca in terzo grado, e dissecca quell’umidità, che governa il prurito libidinoso. Ecco perchè fiutare tabacco divenne un’abitudine tra i religiosi.
Se usato prima di coricarsi, il tabacco era, secondo molti, in grado di evitare la minctionem nocturnam. La presa di tabacco divenne una moda che si diffuse particolarmente nel XVIII secolo, coinvolgendo sia nobili che plebei, dame ed ecclesiastici.
Tabaccai e tabaccherie
In Italia, verso la metà del XVII secolo sorsero molti tabaccari; secondo alcuni testimoni nell’Urbe, vi erano più botteghe di tabaccai che forni e bettole. Le “tabaccherie” erano frequentate da numerosi clienti che si intrattenevano a fumare anche oltre l’orario consueto di chiusura, tanto che il governatore a Roma fu costretto ad emanare un bando, nel quale si vietava di “tener tabaccherie aperte, e in quelle ricettare e trattenere qualsiasi persona di qualsivoglia stato, grado e condizione dopo un’ora di notte, sotto pena a gl’uomini di tre tratti di corda o galera ad arbitrio, e alle donne della frusta.”
Un vizio così diffuso diede luogo ad un florido commercio, dal quale anche i governi pensarono di trarre vantaggio. Nacquero così i monopoli o “privative” come venivano chiamati all’epoca. Fu Alessandro VII a dar vita al primo monopolio di tabacco in Europa, affidando il tutto ad appaltatori che ne avrebbero tratto benefici economici.
Subito divieti
Il vizio del tabacco veniva praticato anche nelle chiese. Innocenzo X, nel febbraio del 1650, ne vietò l’usò a S. Pietro, pena la scomunica. E questo, non perché ritenesse la cosa sconveniente, quanto perché il pavimento della Basilica, appena rinnovato, avrebbe potuto rovinarsi ( all’epoca il fazzoletto era poco usato).
Il veto venne revocato nel 1725, da papa Benedetto XIII, per evitare il continuo andirivieni di coloro che non potevano farne a meno “anche per parere de’ medici, che lo consigliano per rimedio di molte infermità”. Così, durante gli uffici divini, non era infrequente veder girare la tabacchiera tra i fedeli, per non scandalizzare ed offendere i presenti.
Nel secolo successivo il monopolio del tabacco sarà associato a quello dell’acquavite, il cui utilizzo a Roma aveva avuto minor fortuna. Molto spesso i due prodotti erano associati in un unico commercio e venduti nella stessa bottega. L’acquavite veniva raccomandata dai medici per le sue proprietà terapeutiche. Le sue virtù erano già state ampiamente divulgate da un medico del Cinquecento, Pierandrea Mattioli: l’acqua vita, fassi col vino per lambicco, così chiamata per le meravigliose virtù sue, le quali ha per conservazione della vita dell’uomo.