È molto meglio fare una onesta e ragionevole spesa in ragù ed altre specialità di carni per far sussistere la vita e coltivare la salute, piuttosto che sperperare somme immense in droghe, erbe, medicine ed altri rimedi importuni per curarla. La Varenne
Nel 1651 veniva presentato un trattato di cucina rivoluzionario per l’epoca: Le cuisinier français, scritto da François Pierre de La Varenne, nobile scudiero del marchese d’Uxelles, maresciallo di Francia.
La Varenne consigliava di rompere con la tradizione medioevale delle mescolanze di sapori e con le cattive abitudini italiane che da oltre un secolo dominavano l’arte culinaria francese (all’epoca l’Italia non era ancora la culla della dieta mediterranea così consigliata dai nutrizionisti d’oggi).
Aboliti, secondo La Varenne, i piatti complicati e denaturati; basta con l’eccessivo utilizzo di spezie e con i sapori piccanti messi a sproposito in ogni portata. Semplicità era la parola d’ordine. Ma non solo La Varenne sosteneva questo pensiero; c’era anche un altro “autore di cucina”, Nicolas De Bonnefons, valletto di camera di Luigi XIV, a propugnare questa tesi.
De Bonnefons passava solo tre mesi a corte; il resto dell’anno lo trascorreva nelle sue terre a coltivare ortaggi, legumi, a fare marmellate di frutta e conserve di verdura. Fu proprio De Bonnefons a ridare ai legumi la loro dignità a tavola e a consigliare di cuocerli in acqua con la loro pelle e di sbucciarli dopo la cottura. Prima di lui venivano macerati, schiacciati, impastati e serviti come accompagnamento o per “contraffare” le portate di carne.
Con il suo libro Les délices de la campagne del 1654, De Bonnefons portò ancora più avanti la lezione di semplicità di La Varenne; per lui una minestra di salute deve essere una buona minestra di borghese, ben nutrita di carni scelte, e ridotta a poco brodo, senza ripieni, funghi e spezie o altri ingredienti strani. Deve essere semplice visto che porta il nome di salute… La minestra di cavoli deve essere interamente di cavolo, quella di porri di porro e quella di rape di rapa. E quello che dico delle minestre vale e serve da legge per tutto quello che si mangia. Praticate quanto ho scritto e vi troverete bene.
Il misterioso L.S.R.
Nel 1674 veniva pubblicato un piccolo libro dal lungo titolo: L’art de bien traiter, ouvrage nouveau, curieux et fort galant, utile à toutes personnes et à toutes conditions.
Il piccolo libro era firmato semplicemente L.S.R., una sigla misteriosa a tutt’oggi rimasta tale; l’autore sosteneva che non era certo il prodigioso accumularsi di portate, l’abbondanza dei ragù e degli intingoli, le montagne di arrosti e di intermezzi bizzarramente serviti” che contribuiscono alla bontà e all’ornamento di un pasto, ma piuttosto “la scelta squisita delle vivande, la misura, la finezza del loro condimento, la grazia e la semplicità della loro presentazione, la quantità proporzionale al numero dei convitati e infine l’ordine generale delle portate.
Leggendo la cronaca del tempo è evidente però che non tutti erano d’accordo con queste “riforme” culinarie. Lo stesso Luigi XIV amava una cucina pesante e complicata; l’unica concessione alle innovazioni dei gastronomi era per l’insalata e i legumi, rigorosamente coltivati nel “potager du roi”, l’orto del re, dal grande giardiniere La Quintinie, genio dell’orticoltura.
Luigi XIV era di buon appetito, i suoi pasti andavano dai tre “servizi” del petit couvert ai cinque del grand couvert. Ogni “servizio” si componeva di 5-7 portate. Senza contare contorni e dessert. La Palatina, cognata del sovrano, altra buona forchetta, nelle sue memorie ricorda di aver visto il sovrano mangiare in un solo pasto quattro piatti di zuppe diverse, un intero fagiano, una pernice, un gran piatto di insalata (condita con olio e limone, perché a Luigi XIV l’aceto non piaceva), due grosse fette di prosciutto (zeppo di chiodi di garofano, profumato alla cannella e cosparso di un velo di zucchero), un pezzo di montone all’aglio, un intero piatto di pasticceria, frutta varia (nella scala delle preferenze regie venivano prima le pere, e poi le pesche, fragole e fichi). Per finire, alcune uova sode.
Le uova sode erano uno dei piatti preferiti dal re: alla fine del pasto ne inghiottiva anche tre o quattro di seguito. Altro piatto di cui andava ghiotto, come suo padre Luigi XIII, erano i piselli, allora rarissimi e costosissimi, importati dall’Italia da un certo signor Audiger.
Quando veniva la stagione dei piselli, il Re Sole ne faceva regolarmente una gran scorpacciata. E altrettanto regolarmente finiva a letto con una bella indigestione. Il sovrano non era il solo ad esser ghiotto di questi legumi: i cortigiani seguivano, quasi fosse un punto d’onore, il sovrano e le sue preferenze.
In una lettera di madame de Sévigné si può leggere: Il capitolo piselli dura ancora. L’impazienza di mangiarne, il piacere di averne mangiati e la gioia di poterne mangiare ancora sono i tre punti che i nostri principi discutono da alcuni giorni. Ci sono molte dame che, dopo aver mangiato dal re, e molto, si fanno portare dei piselli nei loro appartamenti, da mangiare prima di coricarsi, con il rischio di fare una grossa indigestione. È una moda, un furore.
Alcune ricette consigliate dai gastronomi del Re Sole
Ecco alcune ricette consigliate dai gastronomi reali, oggi a dir poco improponibili:
Portage à la neige: "Si fa con latte zuccherato e salato. Quando siete pronti a servire, prendete i bianchi delle uova che avevate sbattuto e messo nel latte, li fate friggere e li versate nel latte. Servite e zuccherate.” (La Varenne)
Beignets de melon: “Tagliare i meloni a fette e passarli nella pasta da bignè piuttosto chiara (fatta con farina di grano, uova, formaggio molle e altri ingredienti), poi friggere in burro fresco o strutto. Dopo averli tolti dalla padella, insaporire con sale o con zucchero, a seconda del gusto delle persone alle quali vanno serviti.” (De Bonnefons)
Ètoudaffe de poulets: “Tagliati i polli in 6 o 7 pezzi, batteteli e lasciateli marinare per un quarto d'ora. Asciugateli, infarinateli e passateli alla padella con burro e lardo ben rosso, sale e spezie, odori. A metà cottura toglieteli dal fuoco e metteteli in casseruola con un poco di buon brodo, lardo tagliato fine, qualche foglia di alloro, carciofi semicotti, midollo, prezzemolo tritato. Girate di tanto in tanto, e quando vedete che la salsa si è ridotta ispessendosi, gettateci dentro due o tre manciate di capperi, del fois gras, funghi, sugo concentrato e frattaglie tenute da parte. Guarnire con prezzemolo fritto e fette di limone sbucciato.” (L.S.R.)
La Tavola alla corte del Re Sole Il Potager du Roi
Fonti: Vita di Luigi XIV di Mario Rivoire