Vino e birra
Le bevande fino al cinquecento erano limitate per lo più al vino ed alla birra che si erano diffuse in modo crescente migliorando la qualità ed aumentando la produzione, fino agli inizi del seicento erano parte essenziale della vita quotidiana ma incominciarono ad avere concorrenti che venivano dalle americhe e dalle colonie come il tè, il cafè, il rum e poi whisky e cognac.
Si beveva pochissima acqua perché la si considerava dannosa, probabilmente questo era dovuto alla scarsa qualità in cui si trovava, in particolare in città, mentre gli alcolici garantivano più garanzie di durata riducendo i pericoli delle infezioni batteriche. Per lunghi secoli il vino fu il ricostituente per eccellenza usato per guarire e quindi somministrato anche a bambini piccoli. Il vino bianco bollito con assenzio serviva per guarire dall’iterizia, mentre con la camomilla garantiva sonni tranquilli, il brulè con spezie e zucchero era un efficace analgesico contro mal di gola e raucedine.
Molti proverbi derivano da questa cultura: dal buon vino ne siegue il buon sangue; due dita di vino sono un calcio al medico; il vino è il latte dei vecchi; il vino è il sangue dell’uomo; l’acqua fa marcire anche i ponti; il vino allunga la vita, l’acqua accorcia gli anni.
Bevande ad alta gradazione
Le tecniche di fermentazione si perfezionarono nonostante la morale religiosa che non favoriva l’uso di alcolici. L’alcol si otteneva dal vino, dallo zucchero e dal grano consentendo di avere bevande economiche e di più facile trasporto che resistevano agli anni ed alle bottiglie dell’epoca.
La produzione degli alcolici ad alta gradazione era costosa ma il trasporto in rapporto al tasso alcolico minore, venivano infatti allungati in acqua ed usati al posto del vino dalle popolazioni più povere che trovavano calorie e strumento di evasione.
L’aqua vitae è di origine antica e fino al cinquecento usata solo come medicinale, a partire dal seicento la sua diffusione e le varie preparazioni si diffusero anche se lentamente. Il brandy deriva dall’olandese bruciare poiché per ottenere il distillato era necessario far scaldare il vino. L’uso del grano per produrre alcol veniva vietato ed in sua vece si usava vino di scarsa qualità.
In Inghilterra la religione puritana tenne gli alcolici lontani dalla popolazione fino alla restaurazione del 1660 che riportò una classe aristocratica sensibile al vino ed agli alcolici facendo riprendere una domanda verso questi tipi di bevande. La distillazione creò presto le nuove bevande come la vodka, il kvass, il whisky e il gin, derivati dai cereali, la cui qualità maggiore era di essere economici.
Famosi diventarono gli apéritifs o ratafias, preparati ed aromatizzati in modo creativo. Nelle colonie il vino arrivava raramente e presto i coloni si ingegnaro per estrarlo dalle patate dolci da cui il Rum che divenne molto popolare in Olanda ed in Inghilterra, il suo nome deriva da rumbullion. Nelle isole di Madeira si piantarono vigne al posto della canna da zucchero iniziando al produzione del celebre vino. Nelle colonie olandesi nel seicento la produzione vinicola crebbe notevolmente, l’impulso a fine seicento fu dato anche indirettamente dal Luigi XIV che revocando l’editto di Nantes e scacciando gli ugonotti. Questi infatti emigrando in Olanda e venendo in contro all’espansione della domanda incrementarono notevolmente la produzione nelle colonie olandesi come in sud Africa.
Nascita dei pub
A Londra in pochi anni aprirono parecchi coffee house che oltre al cafè vendevano, cacao, tè e brandy. Il cafè sembra costasse poco tanto che i ritrovi in cui berlo vennero denominati penny universisties perché con un penny di poteva avere una tazza di cafè e leggere e discutere liberamente le notizie che capitavano. Questa nuova moda modificò lentamente le abitudini riducendo le vecchie taverne. Invece gli strati sociali più poveri andavano nei public houses da cui i pub di oggi dove si serviva birra.
I vini
Il vino si preferiva sciropposo, dolce anche rosso; solo a Venezia si beveva amaro ma si produceva il malvasia e si importavano vini dalla Grecia e da Cipro. Gran problema per il vino era il trasporto e la degradazione in aceto. Oltre che nelle bottiglie, costose e fragili, si conteneva in botti, vasi di maiolica, coccio e borracce di pelle. Il tappo era un problema, all’inizio si usavano stracci, poi tappi in vetro smerigliato, difficili da aprire, solo nel corso del XVII secolo si scoprì l’uso del sughero che chiudendo ermeticamente garantiva la conservazione del vino perché non diventasse aceto.
I veneziani furono tra i più grandi commercianti di vino dell’epoca, con la decadenza della repubblica venezianae l’avanzata dell’impero ottomano si ridusse l’importazione di vino dall’oriente mentre la domanda restò alta ed incoraggio i veneziani a produrne in madre patria. Nacquero all’ora il Recioto, prodotto da varie aziende, il Torcolato, il Soave e l’Amarone che è un recioto ad alta gradazione. L’amarone è uno dei vini più importanti d’Italia, fruttato da giovane che diviene austero invecchiando.
A Roma si beveva il Sabinese, il Genoano e il Monte Porzio d’Abbia. Non posso non citare il Chiaretto molto famoso nell’Italia del seicento e settecento che viene spesso citato nei libri dell’epoca e bevuto in varie circostanze dagli eroi letterari. Il chiaretto è un vino fatto con uve di Nebiolo, Mostoso e Neretto.
Nel settecento la produzione vinicola divenne cosa seria, istituti creditizi ne videro l’aspetto economico, le vie di comunicazione si fecero meno anguste e le tecniche di trasporto e mantenimento del prodotto migliori, di pari passo si sviluppo una cultura di produzione che divenne scientifica. Nel 1785 l’Accademia dei Georgofili bandiva un concorso sulla Teoria fisica della fermentazione vinosa appoggiata sull’esperienza vinta da Adamo Fabbroni con i suoi studi sulla fermentazione.